Fonte Il Manifesto - Grazie per l'informazi0ne corretta
Leggiamo questa recensione e pubblichiamo:
«Un altro dei nostri giovani è morto in prigione», questo l’amaro commento della scrittrice e attivista Ahdaf Soueif alla notizia della morte del regista e fotografo Shady Habash, avvenuta ieri mattina. 24 anni, in prigione da due, «Shady si è sentito male in cella», scrive su Twitter il giornalista Abdelrahman Ayyash.
HABASH SI TROVAVA nel carcere di massima sicurezza di Tora, a sud del Cairo, dal marzo 2018, semplicemente per aver realizzato il video di una canzone (intitolata ‘Balaha’) che sbeffeggiava apertamente il presidente criticando senza sconti i primi quattro anni di governo al-Sisi alla vigilia delle elezioni.
SEI MESI FA Habash aveva scritto una drammatica lettera dal carcere: «Sono due anni che tento di ‘resistere’ da solo a tutto ciò che mi sta accadendo – sono le parole del giovane regista – perché io possa uscire da qui essendo ancora quella stessa persona che conoscete da sempre. Ma non ce la faccio ad andare avanti».
E con grande lucidità continuava: «Resistere in prigione significa proteggere te stesso e la tua umanità da tutto ciò che vedi e vivi ogni giorno. O impedisci a te stesso di diventare pazzo, oppure muori lentamente», chiudendo con un’accorata richiesta di aiuto: «Ho bisogno più che mai del vostro sostegno». Anche se resta da chiarire cosa sia successo negli ultimi istanti di vita di Shady, certo è che la sua morte poteva e doveva essere evitata, dicono i tanti che oggi lo ricordano sui social.
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