Dopo gli scioperi indetti dalla federazione delle cooperative e la morte di alcuni manifestanti, 100 minatori - tra cui il presidente della FENCOMIN - sono stati arrestati con l'accusa di omicidio e tortura del ministro boliviano Illanes, Morales denuncia "è un piano di destabilizzazione"
Da qualche settimana è uscita la notizia del rapimento, della tortura e uccisione del ministro del governo boliviano. Il rapimento è avvenuto, mentre il ministro Illanes si recava senza scorta ad un incontro con i lavoratori delle miniere. Infatti Illanes era un uomo famoso per essere un dialogatore nei conflitti interni, ed era questo il compito che gli era stato affidato, poiché da tempo erano scoppiate proteste da parte delle cooperative minerarie, che nelle ultime settimane hanno portato a scontri violenti con le forze dell'ordine con un bilancio di due morti tra i manifestanti e 17 agenti di polizia feriti. La polizia in quella circostanza ha aperto il fuoco dopo che, durante un blocco da parte dei minatori, alcuni manifestanti hanno usato la dinamite delle miniere come arma.
Tutta questa situazione, parrebbe essere molto chiara ad un primo sguardo: minatori che scioperano e governo che reprime le proteste. Ma andando a guardare la situazione, in profondità, emergono vari aspetti della vicenda che devono essere prese in considerazione e analizzate per poter trarne, seppur superficialmente, delle conclusioni.
Partiamo con lo spiegare chi protesta: la FENCOMIN è la federazione nazionale delle cooperative minerarie della Bolivia, una galassia di cooperative, per la maggior parte "senza fini di lucro", nata da una storia di riappropriazione e autorganizzazione delle popolazioni locali contro lo sfruttamento estero delle risorse minerarie. La Fencomin oltre ad avere un suo valore simbolico è anche una delle colonne portanti dell'economia della bolivia in quanto il 25% delle esportazioni boliviane è costituito da prodotti minerari, ed è per questo che gode di posizioni importanti all'interno delle istituzioni e anche nel governo.
Quali sono i motivi che hanno fatto scattare questa escalation di violenza?
Tutto è partito da una legge del governo che voleva regolamentare l'attività delle cooperative.
Tra gli elementi contenuti nella legge, la FENCOMIN, si è concentrata a combattere soprattutto tre punti, che ritiene in continuità con le politiche che hanno provocato l'attuale stato di crisi quindi il peggioramento delle condizioni di vita dei minatori come di tutti i boliviani:
La prima misura proposta dalla legge e osteggiada dalla federazione è la sindacalizzazione forzata di buona parte delle cooperative; sulla carta sono composte solo da soci, ma che in realtà mascherano forme di lavoro tipicamente salariato. Inoltre la proposta prevede la creazione di un meccanismo di contrattazione a livello nazionale dei contratti per quel tipo di cooperative. Su questo punto la FENCOMIN si è espressa negativamente poiché lederebbe alle libertà sindacali, del singolo lavoratore che, dopo la legge deve adeguarsi ai contratti nazionali, il che può voler dire, in alcuni casi, togliere la possibilità di assumere anche se sottopagati altri lavoratori: chiedono la liberta di avere un lavoro anche se sotto pagato.
Il secondo punto ancora più controverso, che viene osteggiato con forza dalla federazione delle cooperative minerarie, è la possibilità negata alle imprese cooperative di stipulare direttamente contratti con aziende private estere. Il motivo di questa ostilità va ricercato nella situazione di isolamento economico e politico, che stanno affrontando alcuni paesi dell'america latina come il Venezuela, infatti all'interno del mercosur(il mercato latino-americano) solo i governi che dimostrano una certa disponibilità, accettazione e apertura al commercio di un certo tipo, possono trarne i vantaggi che necessitano dal commercio, chi invece decide di imporre determinate regole agli scambi, viene escluso, praticamente, da ogni trattativa e mediazione, rimanendo isolato. Dalla parte dei minatori però vale l'interesse corporativo, in quanto sicuramente un commercio limitato garantisce entrate minori per chi possiede quel tipo di attività in Bolivia.
Il terzo punto osteggiato, per assurdo anche qui, sono le forti limitazioni rispetto alla tutela dell'ambiente, infatti la legge prevede un piano di tutela ambientale che mette tutta una serie di limiti all'attività estrattiva mineraria, che notoriamente è una delle attività più nocive per l'ambiente. Anche qui l'interesse corporativo prevale dal punto di vista dei minatori sull'interesse generale, poichè è vero che questo tipo di regole finiranno con limitare ulteriormente le possibilità di guadagno e di "dare" lavoro delle cooperative.
Questo dibattito fa emergere quindi una contraddizione tra i lavoratori boliviani, che sembrano avere rivendicazioni simili a una qualsiasi unione di industriali o impresari occidentali: meno tutele sindacali, privatizzazioni, e deregolamentazioni, infatti non è ancora chiara la natura dei blocchi e degli scioperi, e soprattutto dell'assasinio.
Il copione guardando alla storia del sud america, farebbe pensare a un possibile piano di destabilizzazione interno, (fatto avvenuto più e più volte da quelle parti).Ovviamente rimane difficile interpretare le immagini degli scontri tra minatori e polizia, immagini che mostrano una conflittualità apparentemente sana e non deviata da interessi.
Morales, dopo l'assassinio ha ordinato di formare una scuola di mediatori di paceinoltre ha affermato nei riguardi dell'assassinio che esiste «una cospirazione politica per svendere le risorse naturali alle imprese straniere. Le risorse naturali sono del popolo boliviano e per questo dichiaro il fratello Illanes Eroe difensore delle risorse naturali». Poi, però il presidente ha negato che il governo abbia ordinato alla polizia di sparare sui manifestanti, e ha aggiunto. «I minatori sono stati ingannati e strumentalizzati da dirigenti alleati con la destra. Alcuni esponenti delle cooperative si fanno passare per lavoratori delle miniere, mentre sono imprenditori minerari».
Dunque, una situazione complessa che richiede molta riflessione e poca pancia, dimostra, anche avendo le migliori intenzioni, che il cammino verso la giustizia in America latina, dopo tanti anni di oppressione imperialista, può essere ancora pieno di ostacoli difficili da superare. Il rischio di ritornare indietro purtroppo rimane....
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