Alessandra Todde non può dare lezioni sulla repressione a nessuno.
È stata viceministro dello sviluppo economico nel secondo governo Conte.
Sotto quel governo, furono stroncate le rivolte e le proteste nelle carceri del marzo 2020. Tredici detenuti massacrati. Niente autopsia. Corpi subito cremati. Neanche mezza risposta su quei morti. Inchieste archiviate a tempo di record con la leggenda dell’overdose di massa da metadone. Il ministro della giustizia era il suo sodale di partito Alfonso Bonafede.
Chiunque abbia fatto parte di quel governo, tacendo, senza prendere alcuna posizione, porta il peso delle vite strappate di Hafedh Chouchane, Salvatore Piscitelli, Erial Ahamadi, Slim Agrebi, Ben Masmia Lofti, Ali Bakili, Hadidi Ghazi, Arthur Iuzu, Abdellah Rouan, Marco Boattini, Ante Culic, Carlos Samir Perez Alvarez, Haitem Kedri.
Forse se n’è dimenticata. Così come delle manganellate agli studenti nel gennaio 2022 a Roma, Torino e Milano. Delle cariche e il lancio di lacrimogeni contro i militanti NO MUOS a Niscemi il 7 agosto 2022. Per non parlare della direttiva del ministro dell’interno Lamorgese del 10 novembre 2021 che de facto ha ristretto il diritto di manifestare nello stato italiano.
Non può dare lezioni sulla repressione a nessuno. Può riceverne però sui meccanismi della memoria e sulla memoria storica.
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