Scandicci, auditorium del centro Rogers, venerdì 14 giugno. Legambiente organizza il Forum Mobilità per ragionare concretamente su come immaginare e realizzare modi di spostarsi differenti e, soprattutto, sostenibili sia per l'ambiente che per la qualità della vita materiale delle persone.
Visione delle città che ponga al centro i suoi abitanti, invece delle automobili: spezzare il circolo vizioso che decide (e chi lo ha fatto? Quando?) che sia l'auto il padrone assoluto degli spazi di vita quotidiani, con i cittadini costretti a subire il bullismo del più forte ovvero la “macchina”.
Dopo il saluto della neo-Sindaca di Scandicci Claudia Sereni che ha tratteggiato gli impegni futuri che la sua Amministrazione perseguirà sui temi della mobilità sostenibile, ha preso la parola Andrea Colombo, ex Assessore alla Mobilità e ai Trasporti del Comune di Bologna, oggi project manager di Bologna Città 30, che ha chiarito come iniziative del genere non siano il semplice limitare la velocità di percorrenza ma il mettere a sistema una serie di misure (adeguamento delle strade, corsie e piste ciclabili, definizione di spazi pedonabili, realizzazione di due linee tramviarie per la sua città…) in grado di armonizzare le esigenze di tutti gli attori che in città vivono, lavorano e si spostano da un luogo all’altro. Se consideriamo, come è sacrosanto, che la città è uno spazio pubblico comune non si può vederla come un’organizzazione piramidale in cui c’è qualcuno che sta sopra ed altri che stanno sotto; in fondo si tratta di rendere la strada più giusta, più democratica.
Il professor Francesco Alberti, docente di Pianificazione Urbanistica e Mobility Manager dell’Università di Firenze, ha portato l’attenzione sulla necessità di decarbonizzare le nostre città, raggiungendo la neutralità climatica entro il 2050 come previsto dai trattati internazionali. L’Europa ha un tasso candicci, auditorium del centro Rogers, venerdì 14 giugno. Legambiente organizza il Forum Mobilità per ragionare concretamente su come immaginare e realizzare modi di spostarsi differenti e, soprattutto, sostenibili sia per l'ambiente che per la qualità della vita materiale delle persone.
Visione delle città che ponga al centro i suoi abitanti, invece delle automobili: spezzare il circolo vizioso che decide (e chi lo ha fatto? Quando?) che sia l'auto il padrone assoluto degli spazi di vita quotidiani, con i cittadini costretti a subire il bullismo del più forte ovvero la “macchina”.
Dopo il saluto della neo-Sindaca di Scandicci Claudia Sereni che ha tratteggiato gli impegni futuri che la sua Amministrazione perseguirà sui temi della mobilità sostenibile, ha preso la parola Andrea Colombo, ex Assessore alla Mobilità e ai Trasporti del Comune di Bologna, oggi project manager di Bologna Città 30, che ha chiarito come iniziative del genere non siano il semplice limitare la velocità di percorrenza ma il mettere a sistema una serie di misure (adeguamento delle strade, corsie e piste ciclabili, definizione di spazi pedonabili, realizzazione di due linee tramviarie per la sua città…) in grado di armonizzare le esigenze di tutti gli attori che in città vivono, lavorano e si spostano da un luogo all’altro. Se consideriamo, come è sacrosanto, che la città è uno spazio pubblico comune non si può vederla come un’organizzazione piramidale in cui c’è qualcuno che sta sopra ed altri che stanno sotto; in fondo si tratta di rendere la strada più giusta, più democratica.
di motorizzazione molto alto, con l’Italia e la Toscana nel suo complesso ben al di sopra la media continentale mentre si salva solo il Comune di Firenze che è sotto media, peraltro con il 60% delle distanze percorse dalle auto in città che sono inferiori ai 5km quotidiani, distanza che ad esempio la città di Malmö in Svezia (città ad altissimo utilizzo di biciclette) considera “spostamenti automobilistici ridicoli”. Oslo, Stoccolma, Londra, moltissime sono le città che stanno lavorando ad una mobilità urbana a bassissimo impatto automobilistico: non si può pensare di rinunciare completamente all’auto privata ma si può cambiare mentalità e capire che ridurre le auto potenziando mezzi di trasporto pubblici, collettivi e a basso impatto (compresa la pedonalità…) migliora la qualità della vita di tutti, anche quella degli (ex)automobilisti. Non è soltanto una questione di dati e di parametri dell’inquinamento (che pure sono fondamentali) ma, ancora una volta, di migliorare la vita quotidiana di chi in città ci vive, ci lavora, ci studia.
Il contributo di Valentina Borgogni, sorella di Gabriele ucciso da un automobilista in stato di ebbrezza, si è concentrata sulla necessità di cambiare i comportamenti stradali e, attraverso una serie di dati (ad esempio, 12 morti al giorno sulle strade in Italia; nel mondo in un anno più di 1 milione di morti che si portano dietro anche una serie di infortuni e danni permanenti), ha ricordato a tutti l’ingrato compito delle associazioni come quella intitolata a suo fratello che si trovano costrette loro malgrado a testimoniare il dolore delle famiglie ma che poi, per fortuna, si fanno promotrici di interventi sia legislativi che di sensibilizzazione. Borgogni ha fatto notare come l’attuale Governo stia lavorando in direzione opposta a quella auspicata di un maggior rispetto e una maggiore sicurezza della circolazione. Come se la deregolamentazione fosse una soluzione quando invece, in questo caso a maggior ragione, è una risposta sbagliata che aumenta le criticità.
Cicloturismo inclusivo, progettazione di una mobilità alternativa, formazione di imprenditori e comunità, innovazione sociale: questi sono i principali obiettivi di Remoove, azienda che produce in provincia di Trento e-bike e mezzi di spostamento dolce a due, tre o quattro ruote che rispondano alle differenti esigenze dei differenti soggetti, comprese le persone con difficoltà motorie. Il compito dell’azienda, che resta un soggetto profit pur operando in ambito di terzo settore, è quindi quello di armonizzare le esigenze di chi fa economia con quelle dei gruppi sociali. Tutto questo è stato raccontato da Andrea Tomasoni, il fondatore stesso di Remoove.
Non potevano mancare, in un settore dove l’innovazione industriale è uno dei perni attorno ai quali tutto si muove, un paio di aziende come Enel e A2a (tra i principali fornitori di energia elettrica per autotrazione in Italia) i cui portavoce hanno dato il loro punto di vista, a nostro avviso un po’ troppo distorto dalla propaganda aziendale e dalla persuasione ad ogni costo, a scapito della precisione e dell’obiettività del ragionamento.
È quindi intervenuto Alberto Berti, mobility manager della Città Metropolitana di Firenze, che ha raccontato gli sforzi pubblici dell’ente per implementare i progetti di trasporto pubblico attraverso il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Si è soffermato, con comprensibile amarezza, sulla vicenda delle stazioni per biciclette impiantate in alcune scuole superiori della Città Metropolitana che sono ad oggi praticamente abbandonate a se stesse anche a causa di una inaspettata (e sinceramente piuttosto incredibile) riluttanza a collaborare proprio da parte dell’istituzione scolastica… Berti ha citato la lettera di un Preside che declinava il coinvolgimento della sua scuola nella gestione di tali stazioni perché, virgolettato, «non di nostra competenza». Quando si dice la necessità urgente di fare sensibilizzazione per modificare i comportamenti, anche ai livelli più alti.
Quando ha preso la parola il professor Ugo Bardi, membro del Club di Roma e autore del libro Il futuro del trasporto. Come la mobilità elettrica cambierà la nostra vita, ha iniziato tranquillizzando tutti: l’auto non sparirà, ci sarà sempre, non tutto si può fare a piedi o in bici: 1-0 per gli automobilisti incalliti. E, allora: che storia è questa? Ovviamente Bardi ha argomentato dicendo che la soluzione è l’integrazione tra i diversi mezzi di trasporto dato che ciascuno di essi risponde a diverse necessità di spostamento e trasporto, non ultima quella delle merci. L’unica certezza, ampiamente illustrata nel suo libro, è l’elettrificazione dei nostri stili di vita: smettere di produrre energia da sostanze che, al di là dell’inquinamento atmosferico, sono causa di tumori per noi esseri umani deve essere una priorità; ormai la tecnologia per elettrificare la mobilità, aggiunge Bardi, è perfettamente matura e disponibile e da questa non possiamo, né dovremmo, prescindere. Si tratta piuttosto di far capire correttamente ai cittadini che non c’è nessuna coercizione ma che questo tipo di transizione è utile, più salubre, sicuramente sostenibile soprattutto quando l’energia elettrica venga prodotta da fonti rinnovabili, eolico e solare in primis.
Pietro Pucci di CycloLogica Firenze ha raccontato in maniera esemplare come si possa fare logistica, quindi consegne, quindi lavoro in ambito business, utilizzando le bici-cargo, soluzione in grado di liberare il centro storico fiorentino dai mezzi più ingombranti e che può coprire una vasta gamma di consegne: secondo loro, circa il 50% delle consegne effettuate in ambito urbano potrebbe tranquillamente essere fatto in bicicletta. Pucci ci ha tenuto a sottolineare come la loro sia una cooperativa che ha quindi un’organizzazione del lavoro assolutamente orizzontale (nessuno di loro è capo di nessun altro, altro esempio di sistema “non-bullizzante”); che si tratta di un’azienda pienamente rispettosa dei diritti del lavoro dei soci e della relativa retribuzione che negli ultimi anni, notava ancora Pucci, ha avuto due aumenti salariali. Inoltre, proprio quest’anno sono riusciti ad introdurre in CycloLogica anche un welfare aziendale: si può quindi lavorare in ottica green pur senza perdere posti di lavoro (negli ultimi anni i numeri di CycloLogica sono aumentati e con essi le assunzioni) e anzi rispettando standard che spesso aziende ben più grandi o dalle dimensioni multinazionali ignorano bellamente.
Tutto bene, quindi? Viviamo in prossimità del migliore dei futuri possibili?
Chiaramente non è così, la questione è complessa e richiede ragionamenti complessi per introdurre soluzioni articolate, armonizzare esigenze differenti e differenziate, tenere insieme necessità (lavorative, di svago, di cura, di relax…) e diritti di tutti, rispetto dell’ambiente, rispetto delle persone. Checché ne dicano i negazionisti di ogni risma, in qualche caso prezzolati ad hoc da chi ha interessi economici fortissimi a che nulla cambi, gli studi scientifici sono praticamente unanimi nel definire di origine antropica la catastrofe climatica; stiamo vivendo al di sopra delle possibilità nostre (la competizione, lo stress, il consumismo) e di quelle del pianeta. Delle due l’una: o cambiamo profondamente mentalità rivedendo stili di vita, comportamenti di consumo, significato del superfluo, modi di produrre oppure lasceremo a chi verrà dopo di noi un sistema naturale che li schiaccerà.
Vogliamo essere complici del disastro?...
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