Secondo Richard Feynman (premio nobel per la fisica), “nessuno ha mai realmente capito la fisica quantistica”. Su un piano intuitivo, la definizione pone già dei problemi: a livello subatomico, le particelle evidenziano una doppia natura: corpuscolare e ondulatoria – e (come mette in evidenza il celebre principio di indeterminazione) l’osservatore può determinare solo una di queste condizioni alla volta. In altre parole: l’atomo non è osservabile nel suo complesso, ma solo “avvicinabile” attraverso necessarie approssimazioni probabilistiche (e proprio questo aborriva Albert Einstein: “Dio non gioca a dadi!”).
Fatto strano: la meccanica quantistica spiega molto di più rispetto a qualunque altra teoria più facilmente “intuibile”. E, fatto ancora più eccezionale, questa meccanica “non aristotelica” rende possibili realizzazioni pratiche superiori a qualunque “balistica” tradizionale.
Nel suo ultimo libro, “Il grande disegno” (2010), il celebre astrofisico Stephen Hawking propone una nuova teoria, la teoria “M”, che mescolerebbe (come una serie di “mappe sovrapposte”) molteplici teorie valide localmente – e tra esse figurerebbero le stesse meccaniche quantistica e classica.
Ma siamo sicuri che questa moltiplicazione di teorie (e di universi possibili) potrà mai permettere il raggiungimento della tanto agognata “teoria del tutto”? Se l’espansione è infinita – e l’intreccio dei possibili la moltiplica ulteriormente per infinito – forse quello che si otterrà non sarà più una “teoria del tutto”, ma semplicemente “il tutto”.
E saremo pronti un’altra volta a ricominciare daccapo.
Simone Rebora
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