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ph. Serena De Soldato
Oggi giorno, a causa di un totale disinteresse o di una colonizzazione culturale nel nome del progresso, molti giovani tendono a dimenticare le proprie radici e la loro cultura, forse ritenendo,a torto, che dal passato non si possa attingere a nulla di costruttivo. Ormai si propende ad esaltare più le culture altrui che la propria, in una ricerca di estremo esterofilismo, dimenticando così le proprie tradizioni, dal folklore alla religione. Sembrerebbe un paradosso che oggigiorno in uno stato che ospita la capitale del Cristianesimo, vengano trascurate le manifestazioni di una cultura così profonda non solo dal punto di vista religioso, ma soprattutto da quello demo-etno-antropologico.
Nell'area campana i riti della Settimana Santa sono il retaggio di un arcaica cultura pagana che lega il sacro ed il profano, attingendo dai culti medio-orientali il mito di Morte e Resurrezione, come nel Mitraismo e successivamente nel Cristianesimo.
Probabilmente queste cerimonie avevano un carattere apotropaico,che fondamentalmente esorcizzava la paura della Morte.
Questi riti si riscontrano maggiormente in Sicilia ed in Campania, nello specifico in provincia di Caserta, nella Costiera Sorrentina e nell'Agro Nocerino-Sarnese, principalmente a Sarno dove vi è una forte partecipazione emotiva.
I riti iniziano il Giovedi Santo con l'allestimento dei “Sepolcri”; queste sono dei palchetti montati sulle edicole votive che sorgono agli angoli delle strade o nelle cappelle gentilizie. Di solito questi tabernacoli sono addobbati con drappi rossi simbolo della Passione e tutti i segni ad essi connessi, tipo il pane, il calice, il grano non maturato e gli strumenti della flagellazione. La visita di questi sepolcri viene definita con il termine locale di “ U Struscio”, che indica il trascinare dei piedi in modo silenzioso dei devoti.
Il culmine di questa celebrazione si ha la mattina del Venerdi Santo con la Processione dei Paputi, organizzata da confraternite, che si afferma a Sarno intorno al XII sec.
Il termine “paputo” deriva dal termine latino tardo medievale ”paputus” che probabilmente indicava l' “uomo vecchio”. Il loro abbigliamento consiste in una tunica bianca ed un cappuccio bianco; si distingue una confraternita da un altra in base al colore dei cintoli e dal' emblema che sormonta il bastone di comando del cerimoniere. Altre si distinguono per la particolarità delle loro vesti:nella confraternita di S.Matteo hanno tunica completamente rossa mentre nella confraternita di S.Francesco indossano il tipico saio del santo.
A Sarno si trovano dieci confraternite ognuna di esse collegata ad una chiesa e ognuna retta da un individuo detto “A Mazz e Cerimonia”, che è colui che detta i tempi della processione. Compongono il resto della processione il portatore della Grande Croce , i due “Lampioni” e le “Crocelle”.
A completare la confraternita vi sono i cantori che intonano antichi canti davanti ad ogni sepolcro e ad ogni incrociarsi con altre congregazioni . La cerimonia si conclude con il rientro di ogni confraternita alla Chiesa di appartenenza.
Assistere a questi riti rimane un esperienza molto toccante non solo per i credenti ma anche per chi voglia realmente percepire da chi è realmente vissuto un antico paese ,dove la storia e la tradizione segnano ogni vicolo. Un popolo senza storia è un popolo senza anima.
Nell'area campana i riti della Settimana Santa sono il retaggio di un arcaica cultura pagana che lega il sacro ed il profano, attingendo dai culti medio-orientali il mito di Morte e Resurrezione, come nel Mitraismo e successivamente nel Cristianesimo.
Probabilmente queste cerimonie avevano un carattere apotropaico,che fondamentalmente esorcizzava la paura della Morte.
Questi riti si riscontrano maggiormente in Sicilia ed in Campania, nello specifico in provincia di Caserta, nella Costiera Sorrentina e nell'Agro Nocerino-Sarnese, principalmente a Sarno dove vi è una forte partecipazione emotiva.
I riti iniziano il Giovedi Santo con l'allestimento dei “Sepolcri”; queste sono dei palchetti montati sulle edicole votive che sorgono agli angoli delle strade o nelle cappelle gentilizie. Di solito questi tabernacoli sono addobbati con drappi rossi simbolo della Passione e tutti i segni ad essi connessi, tipo il pane, il calice, il grano non maturato e gli strumenti della flagellazione. La visita di questi sepolcri viene definita con il termine locale di “ U Struscio”, che indica il trascinare dei piedi in modo silenzioso dei devoti.
Il culmine di questa celebrazione si ha la mattina del Venerdi Santo con la Processione dei Paputi, organizzata da confraternite, che si afferma a Sarno intorno al XII sec.
Il termine “paputo” deriva dal termine latino tardo medievale ”paputus” che probabilmente indicava l' “uomo vecchio”. Il loro abbigliamento consiste in una tunica bianca ed un cappuccio bianco; si distingue una confraternita da un altra in base al colore dei cintoli e dal' emblema che sormonta il bastone di comando del cerimoniere. Altre si distinguono per la particolarità delle loro vesti:nella confraternita di S.Matteo hanno tunica completamente rossa mentre nella confraternita di S.Francesco indossano il tipico saio del santo.
A Sarno si trovano dieci confraternite ognuna di esse collegata ad una chiesa e ognuna retta da un individuo detto “A Mazz e Cerimonia”, che è colui che detta i tempi della processione. Compongono il resto della processione il portatore della Grande Croce , i due “Lampioni” e le “Crocelle”.
A completare la confraternita vi sono i cantori che intonano antichi canti davanti ad ogni sepolcro e ad ogni incrociarsi con altre congregazioni . La cerimonia si conclude con il rientro di ogni confraternita alla Chiesa di appartenenza.
Assistere a questi riti rimane un esperienza molto toccante non solo per i credenti ma anche per chi voglia realmente percepire da chi è realmente vissuto un antico paese ,dove la storia e la tradizione segnano ogni vicolo. Un popolo senza storia è un popolo senza anima.
Biagio Emanuele Ruocco
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ph. Serena De Soldato
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ph. Serena De Soldato
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