Forse non riusciamo proprio a capirci.
Studenti e ricercatori protestano contro i tagli di fondi all’Università – tagli che si inseriscono nel complessivo programma di tagli alla Cultura e all’Istruzione, in atto da anni presso i rispettivi Ministeri – e intanto il ministro Gelmini si stupisce del fatto che gli studenti appoggino i professori “baroni”, che vogliono contrastare le riforme, e mantenere l’Università italiana in uno stato di stagnazione.
Ma come può essere CONTRO l’Università, la protesta di chi in essa vede il proprio futuro e le proprie speranze? Perché è in vista di un cambiamento, di un miglioramento, e non di una stagnazione, che tutte queste voci si sono sollevate in un’unanime grido di protesta.
I recenti commenti del ministro dell’Istruzione paiono un tentativo di sviare l’attenzione dal problema principale: i tagli ai fondi e la precarizzazione del personale non potranno mai essere un incentivo per il cambiamento, ma potranno solo intasare ancor più una situazione già precaria, scatenando una generale “corsa all’oro” (o all’impiego – almeno pagato), che eclisserà i reali problemi strutturali dell’Università italiana.
[cfr. notizie ANSA]
Simone Rebora
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