E' misterioso il tempo dell'attesa. E' misterioso e al contempo strano. Abituati come siamo a sapere tutto, a capire tutto, a cercare tutto. Eppure poi, nell'attesa spesso, spessissimo le consapevolezze tremano, si alterano gli umori e non si sa chi e come tutto questo ci aiuterà a far finire o meglio, terminare. Ebbene di fronte al sole è come stare sereni del calore, di fronte alla luna è come stare solitari del tempo. Di fronte al tempo che passa ci si trova in un senso che non è unico e nè univoco. E' il tempo che passa. La grande forza creativa del tempo che passa. Soffermarsi a parlare con il tempo è cosa da filosofi o forse è cosa di chi ha confindenza con il suo scorrere. Spesso non ci accorgiamo del tempo che passa, di quello che viviamo, di già ieri o già domani. La fuga dal tempo è contornata dalla ricerca dell'occupazione dello stesso. Con il lavoro. Con il risolvere i problemi. Già ma nella nostra natura il "problem solving" che è tanta caro agli americani, non dovrebbe appartenerci perchè l'armonia in cui siamo nati, quella della permanenza dei nove mesi, ci dovrebbe ricordare cosa noi siamo. Non ci accorgiamo che è Primavera. Non seguiamo il flusso del tempo e capiamo tardi che le stagioni passano, arrivano e vanno. Il pensiero dello specchio che si riflette in se stesso, la continua e effimera preoccupazione se domani ci sarò o forse no, quel senso triste di non capire che la vita è quello che siamo, non ci fa accorgere della Primavera. Springtime dicono gli inglesi, il tempo di ciò che si apre, che prospera, che nasce anche. La natura si apre, sempre ad ogni ciclo. Noi che siamo portatori della natura, siamo ospiti della natura ci dimentichiamo e siamo talmente presi dall'ossessione del tempo che non passa che ci ammaliamo. Anche a Primavera. Anche quando il gelo è finito e il sole arriva a ricoprirci della sua energia vitale. Eppure il nostro genere esiste da un tempo enorme, non infinito ma enorme. Noi siamo i discendenti di chi vagava per le terre alla ricerca del fuoco, del calore. Noi siamo i discendenti di coloro che sapevano che oltre il cielo c'è un infinito. Noi siamo i discendenti del tempo. Proprio perchè viviamo in una ciclicità. Andiamo e torniamo e poi andiamo ancora. Così quando vanno via coloro che non vorremmo che andassero. La il tempo diventa maledetto: diciamo non c'è più tempo. Allora ci accorgiamo di quanto sia indispensabile fermarci, parlare, scovare un sentimento, cercare la Primavera. Arare il campo delle passioni. Ma tutto questo dovrebbe essere a solo nostro vantaggio. E così allora ci rendiamo conto che il tempo passa, che nell'ultima parola detta rimane sempre un punto di domanda. Andiamo a dormire per ritrovare il tempo, recuperiamo il sonno perduto, diciamo sovente. Il tempo non si perde. Spesso non lo sappiamo. Perdiamo la bellezza di ritrovare nel sogno quello che siamo realmente e che rifiutiamo di crederlo. Siamo diventati così unici nel dare spiegazione a tutto che poi di fronte ad una invasione virale cerchiamo solo di fuggirne con tante spiegazioni e sensi di onnipotenza. Il tempo però è lo stesso di sempre. Il tempo è quello che ci permette di prenderci cura di chi se ne andrà, di chi vuole ascoltare, di chi offre la propria fiducia. Il tempo della Primavera dovrebbe essere quello che apre le porte al divenire del calore, della natura che si offre ancora una volta nella sua interezza. Come un amore. Come una passione. Come quando cerchiamo ciò che è li da sempre. Un archetipo. Un singolare singhiozzo. Una lacrima che spera. Un solitario ricordo di chi ci disse un tempo" tu sarai sempre primavera e sboccerai ogni volta che crederai". Springtime.