Riprendendo le fila del discorso che facevamo qualche giorno fa (Redazionale: Zizek, sporcizie e pennacchi), vorremmo affrontare lo stesso argomento da un punto di vista pratico e non filosofico, dimostrando come esista un nesso forte tra le due dimensioni.
La globalizzazione ha portato a una mercificazione delle città e della vita quotidiana, a discapito di ogni dimensione comunitaria e solidale che fuoriesca dalla logica del mercato. Questi spazi si configurano oggi come veri e propri spazi "residuali" (pennacchi): si pensi ad esempio alle occupazioni, siano esse abitative o esplicitamente politiche. Molte di esse rispondono proprio alla necessità di creare luoghi che possano fornire una risposta dal basso ad esigenze e problemi sociali diffusi, costruendo al contempo una dimensione di discussione politica e di solidarietà che, in una società di individui sempre più polarizzati e isolati, è sempre più difficile rintracciare nella nostra vita quotidiana.
Il risultato principale dell'ideologia di cui parlavamo in quell'articolo è, in effetti, l'atomizzazione sociale: viviamo in una società in cui il concetto di classe non sembra più funzionale, e in cui l'aspirazione sociale di ogni individuo è "riuscire a farcela", ovvero arrivare al livello di ricchezza, sicurezza e benessere prescritto come "ottimale" dalla società stessa.
La realtà è che il capitalismo è riuscito a superare il conflitto sociale inglobandolo in sé, ed estendendo le condizioni che una volta erano della "classe dominante" a tutta la popolazione, se non effettivamente, almeno come promessa: per tutti è aperta la strada al benessere e alla ricchezza, dice l'ideologia dominante. E non è importante il fatto che, come vediamo tutti i giorni, la maggior parte della popolazione è in realtà esclusa da tale tipo di benessere: secondo la visione imprenditoriale, infatti, la colpa è da ascrivere agli stessi individui che "non ce la fanno", perché incapaci, sfortunati, "inetti". Vi è dunque atomizzazione in entrambe direzioni: siano ricchi o poveri, di successo o svantaggiati, tutti gli individui sono soli, in una corsa contro gli altri e in continua competizione.
Del resto, si tratta di una situazione che anche Gramsci aveva intravisto: questa atomizzazione è frutto dell'egemonia degli strati sociali più ricchi e influenti, che riescono a imporre la loro ideologia anche a strati cui converebbe una visione comunitaria e solidale dell'esistenza (si pensi, ad esempio, a quanti poveri nell'elettorato di destra sostengono una flat tax che, tutto sommato, non farebbe che penalizzarli).
E, avendo citato Gramsci, possiamo dire che nei suoi scritti si trova anche una sorta di premonizione di tale situazione: "La società contemporanea: una fiera rumorosa di uomini in delirio; nel centro della fiera una giostra che rotea turbinosamente, fulmineamente. Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un lucente e ben bardato cavallino, a una sirena dai languidi occhi; vuole adagiarsi nei morbidi cuscini di una carrozzella. E' un precipitarsi disordinato e caotico della folla in tumulto, è un osceno acrobatismo di arti scimmieschi. Diecimila cadono riversi, dopo essersi fiaccate le membra, uno per diecimila passa, si aderge su questi corpi innumeri, spicca il salto giusto, e trasvola nel turbine infernale. Tu vuoi partecipare alla gara. Hai probabilità, anche tu, di fortuna. Arrivare significa diventar ricco, essere signore della vita, conquistare la propria libertà." (La tua eredità, Avanti del 1° maggio del 1918, oggi si legge in "Nel Tempo della Lotta", edito da Il Saggiatore).
E' proprio per combattere contro questa logica di una "conquista della libertà" che implica il calpestarsi a vicenda delle persone, che occorre comprendere e difendere tutti gli spazi "residuali", come luoghi che fuoriescono da questa logica. Si capisce, si tratta la maggior parte delle volte di spazi in cui si concentra il disagio e il rifiuto sociale, non di spazi di benessere e di tranquillità. E' giustificato, dunque, il desiderio di allontanarsi ogni tanto da essi, di trovare il proprio spazio di benessere.
Ma quello che vogliamo sostenere, e che è veramente l'importante, è che se davvero dobbiamo prenderci la responsabilità di un cambiamento della società, questo disagio deve essere ben osservato e gestito: è osservando ed empatizzando con il disagio dei "residui" della società che diventano evidenti le ipocrisie e le contraddizioni della stessa; è cercando di lenire e curare quel disagio che possiamo far emergere forme nuove di organizzazione sociale, fondate sulla solidarietà e non sulla competizione, sull'idea che alla meta si arriva tutti insieme, e che la libertà è tale solo se condivisa. E' su questo residuo che la società contemporanea crea che si può costruire un'idea di futuro che non sia ideologica, ma radicata nella terra e nei bisogni delle persone.
E, ancora una volta, è Gramsci a indicare la strada: "Diffondi questa piccola verità: nella società attuale, che è fiera, che è giostra, tutti singolarmente possono diventar ricchi (liberi), ma, necessariamente, solo pochi lo diventano; la ricerca della proprietà, dell'eredità individuale ha uno riuscito per diecimila falliti. I diecimila non falliranno invece nella ricerca dell'eredità sociale; che si associno, che da elemento di disordine diventino elemento d'ordine, e avranno avvicinato di diecimila probabilità il raggiungimento del fine stesso. Intanto tu fa il tuo dovere: dà la tua parte di attività, di spiritualità al comune patrimonio sociale attuale. lavora perché sia trasmesso, migliorato e ampliato, ai tuoi discendenti: cura la tua eredità, cura l'eredità che sola sei certo di poter lasciare" (Dallo stesso articolo).
Share |
< Prec. | Succ. > |
---|