I grandi eventi sportivi sono da sempre convogliatori di istanze politiche e sociali. Già ai tempi dell'imperatore Costantiniano, che regnò l'impero bizantino fino al 565 d.C., lo sport più popolare, ovvero la corsa delle bighe, era una vera e propria occasione di incontro e scontro politico in seno alla città di Costantinopoli, da cui potevano sorgere anche rivolte e rivendicazioni popolari. Allo stesso modo, nel corso del '900 molti regimi, democratici e autoritari, hanno sfruttato le competizioni sportive per accreditarsi e mostrarsi forti agli occhi del mondo: basti pensare alle Olimpiadi nella Germania nazista del 1936 o ai Mondiali nell'Italia fascista del 1934.
Insomma, nonostante la pretesa neutralità, in questi eventi si cela sempre un sottobosco di motivazioni e di scontri politici, e del resto non potrebbe essere altrimenti: il fatto di radunare così tante persone da così tanti posti diversi pone necessariamente problemi di tale natura, soprattutto considerando che, dietro la retorica della fratellanza da raggiungere per mezzo dello sport, vige sempre una logica da competizione: ogni nazione, ogni tifoso spera che la propria squadra vinca il torneo, si imponga sulle altre.
Il mondiale in Qatar non fa eccezione a questa regola generale, per quanto i dirigenti governativi e quelli della Fifa sperino il contrario. Ieri, ad esempio, la situazione che si sta dipanando in Iran è entrata improvvisamente nel campo da gioco, quando i giocatori di quella nazionale si sono rifiutati di cantare l'inno, accedendo un vero e proprio scontro con la propria tifoseria. Al contempo, emergono ancora più dettagli sui problemi discussi nello scorso redazionale ("il costo del mondiale") e, soprattutto, si fanno largo assurde dichiarazione volte a distrarre l'opinione pubblica dal contesto politico per farla concentrare sul gioco in s'é.
Possiamo leggere in questo senso le assurde dichiarazioni di Gianni Infantino (presidente FIFA), che ha sostenuto che, prima di dare "lezioni morali a senso unico", l'Europa dovrebbe "chiedere scusa per i prossimi 3 mila anni degli scorsi 3 mila anni". Riferimento al colonialismo che, in questo caso, è del tutto fuori luogo: la questione che si sta delineando non è quella dello sfruttamento storico dell'Occidente sul Medio Oriente (cosa naturalmente riprovevole e innegabile), ma lo sfruttamento e la discriminazione che attualmente vigono in Qatar, condotti da una minima parte della popolazione sulle grandi masse, su cui la FIFA chiude colpevolmente un occhio in nome di un guadagno spropositato. Assurdo anche il paragone che Infantino fa tra la propria esperienza di migrante (il presidente è figlio di emigrati italiani in Svizzera) con quella delle persone appartenenti alla comubità LGBT in Qatar, ponendo sullo stesso piano due tipi di discriminazione che, come è facile immaginare, hanno entità e gravità radicalmente diverse.
Un discorso pubblicitario, insomma, volto a distrarre l'opinione pubblica con falsi slogan di solidarietà universale, nella speranza, o peggio nella coscienza che tutte le polemiche svaniscano al fischio d'inizio (come è già successo in Brasile e in Russia), mentre al contempo si impedisce a squadre come il Belgio di indossare una semplice fascia che dimostri il loro supporto nei confronti della comunità LGBT.
Consapevoli che, per via della situazione particolare in cui si svolge, questo sarà un mondiale costellato di polemiche e iniziative di tipo politico, non vogliamo qui descrivere punto per punto ciò che è successo in questi giorni, riservandoci di trattarne più avanti in maniera complessiva. Piuttosto, qui vorremmo porre la base del ragionamento, ovvero: un evento di tale portata non è mai un evento socialmente e politicamente neutrale. Semplicemente non lo può essere, per via delle risorse economiche ed umane che muove, per via del fatto che si pone come una vetrina per la nazione ospitante e i paesi ospitati e perché comporta l'incontro di comunità differenti, siano essi amichevoli o in aperto conflitto.
E citare il discorso di Infantino ci serve a porre una seconda base, ovvero a illuminare l'aspetto retorico e falso delle dichiarazioni dei dirigenti FIFA, che si nascondono dietro la solidarietà e la fratellanza umana come dietro un dito, mentre con l'altra mano muovo capitali mastodontici, finanziano sfruttatori e impediscono azioni che potrebbero anche solo infastidirli.
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