Il conflitto israelo-palestinese ha origini ben più antiche di quelle che la maggior parte delle persone conosce. Infatti è diffusione "popolare" la credenza che essa nasca subito dopo la Seconda Guerra Mondiale - o, comunque, dagli inizi del XX sec. -: proprio all'inizio del '900 si tennero le Aliyah, una migrazione di massa, che portarono alcune decine di migliaia di religione ebrea a stabilirsi in Palestina.
In realtà l'insofferenza tra due popoli, mutata in odio, per poi passare alla guerra, secondo alcuni storici si riconduce addirittura alle sacre scritture ebraiche, le quali rivendicano questa terra come quella promessa da Dio al suddetto popolo. Seppur possono sembrare argomentazioni deboli dal punto di vista storico, questa prospettiva religiosa è un fattore chiave nell'identità nazionale di Israele, che contribuisce alle tensioni con la popolazione palestinese autoctona. Tuttavia, seguendo un taglio più "storico", si può risalire fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando l'Impero Ottomano si sgretolò e la Palestina divenne un territorio sotto il mandato britannico. Le tensioni poi, aumentarono considerevolmente, con la crescente migrazione di ebrei verso la Palestina - di cui ho parlato all'inizio dell'articolo -, soprattutto con la dichiarazione di Balfour del governo britannico del 1917 a sostegno di una "patria nazionale per il popolo ebraico".
Facendo un piccolo salto, si arriva così all'inizio del conflitto odierno, che, secondo molti, risalirebbe al 1947, quando, in seguito allo sterminio della maggior parte degli ebrei europei durante l'Olocausto, le Nazioni Unite approvarono la risoluzione 181, che prevedeva la costituzione di uno Stato ebraico e uno arabo nei territori dell'ex mandato britannico della Palestina.
Quando, il 14 maggio 1948, fu proclamata l'indipendenza dello Stato d'Israele, la maggior parte delle famiglie palestinesi furono cacciate dalle proprie case da truppe militari ebraiche, in un processo noto come Nakba. Il giorno seguente le truppe inglesi abbandonarono il territorio; gli eserciti di quattro Paesi vicini (Egitto, Transgiordania, Iraq e Siria) entrarono in Palestina per affrontare l'esercito israeliano: la battaglia si concluse con la vittoria di quest'ultimo, e il definitivo insediamento dello Stato d'Israele, con una espulsione o la fuga di circa 700000 civili palestinesi, che si trasferirono nei vari campi profughi di tutto il Medio Oriente.
Perciò la risoluzione 181 non fu mai messa in pratica.
Negli anni seguenti il conflitto si evolse, con annesse varie risoluzioni, dopo la già citata 181. Ne ricordiamo alcune: risoluzione 273, Assemblea generale delle Nazioni Unite ammette lo Stato d'Israele come stato membro dell'organizzazione; risoluzione 10/L22, si occupa di misure illegali israeliane nella Gerusalemme Est occupata e del restante territorio.
Da non scordare anche le varie tappe per un possibile processo di pace, come gli accordi di Oslo (1993), il vertice di Camp David (2000), vertice di Taba (2001).
Concludendo - e cercando di dare una visione quanto più possibile superpartes -, si può affermare che questa bellissima Terra, martoriata da una guerra che non sembra finire mai, ha le sue radici nella più antica delle questioni: la Religione. Infatti, per essa e in nome di essa, popolazioni vicine, sia per cultura che tradizione, si odiano a tal punto da arrivare ad uccidersi l'un con l'altra. Una constatazione che deve far riflettere, in una situazione così attuale e tragica.
PER APPROFONDIMENTI VEDASI "SPECIALE PALESTINA"- PROGETTO GEOGRAFIA SOMMERSA (D.E.A. FIRENZE
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