Secondo fonti di giornali locali, l'inchiesta odierna sul carcere di Sollicciano e, ivi, i trattamenti talvolta disumani subiti dai detenuti, parte proprio da una sentenza di un giudice del Tribunale di sorveglianza di Firenze, il quale ha accolto il ricorso di un ex-detenuto dell'Istituto penitenziario, che denunciava il trattamento inumano della detenzione subita. Tale giudice ha quindi accolto il ricorso, concendendo uno sconto di pena al facente ricorso.
La sconcerante differenza tra la città, culla del Rinascimento, e quel che accade dentro le mura del suo carcere, è notevole. E l'opinione pubblica?
A parte qualche timido sguardo incuriosito, nulla succede di concreto. Infatti, oltre al solito principio di solidarietà - vago - occorrerebbe farsi carico di tutte quelle persone "gettate" dietro le sbarre, raccontando la povertà che lì dilaga, oltreché le storie particolari dei detenuti.
Ciò che emerge realmente dalle storie del carcere fiorentino è intollerabile: gli ambienti degradati e le celle piccole e malmesse, abitate da parassiti e cimici. Il vuoto del tempo, che pare interminabile; l'assenza di veri e propri percorsi di recupero e socializzazione, tra cui l'insorgenza di vere e proprie malattie psichiche, dovute al disagio. Tutto questo è lo specchio di una società che guarda dall'altra parte. Guarda distante e sonnolente, poco percossa da quello che succede nel carcere ma utilizza il buonismo come falsa solidarietà.
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