"L'uomo controllore dell'universo" di Rivera.
Graffiti, pittura murale e fumetti: la forza comunicativa del disegno
Quando si produce arte, in qualsiasi forma possibile, i fattori scatenanti l’impulso creativo possono essere molteplici: c’è chi fa arte per il gusto di farla, per il puro godimento estetico che una bella creazione suscita in chi la produce e chi ne fruisce (l’art pour l’art, per dirla alla Gautier); c’è chi lavora per committenza, chi si serve di un particolare talento o abilità per soddisfare le richieste di chi quel talento non lo possiede, ma è in grado di apprezzarne il valore; c’è, inoltre, chi nell’espressione artistica trova una via di fuga, una dimensione di espressione delle più intime pulsioni e dei sentimenti più reconditi; e ci sono forme di espressione, infine, in cui il prodotto artistico si fa portavoce di un’istanza, un messaggio, un insieme di valori, e quindi assume inevitabilmente una sfumatura sociale, un significato che esula dal mero godimento artistico. Sono arti nate in contesti in cui, per motivi sociali e culturali diversi, si avverte l’esigenza di un’espressione più libera e incondizionata, e vengono a crearsi nuove forme d’arte in grado di raggiungere il maggior numero di persone possibile, chiare ed incisive: tra queste il graffitismo, la pittura murale e il fumetto, forme di espressività diverse legate però tra loro da non pochi punti di contatto.
Il graffitismo nasce come manifestazione sociale e culturale basata su interventi di natura pittorica sul tessuto urbano; in genere consiste nello scrivere il proprio nome d'arte (tag) e il numero della strada in cui si vive, diffondendolo come un “marchio”, a segnare il proprio passaggio, a lasciare una traccia. Non è semplice definire il graffitismo per la forte influenza che nella sua pratica esercitano, contemporaneamente, l'espressività artisticae una forte componente di autoaffermazione, la cui carica sovversiva talvolta sfocia nell’inosservanza delle leggi. Nasce come parte della sottocultura dei ghetti newyorkesi negli anni '70 ma ne supera in breve tempo i confini. Contrariamente all’etichetta di “atto vandalico” che la pratica si è guadagnata agli occhi dei più, essa richiede studio e preparazione, e, come per ogni espressione artistica, l’ambiente socioculturale ha una fortissima influenza sugli stili, che per questo motivo sono molti e diversi tra loro.Il fenomeno del graffitismo è inscindibile dallacultura hip-hop, che si costituisce di numerose forme di espressività a carattere urbanoquali l'mc-ing, il dj-ing o turntablism, la break dance.
Esso però potrebbe aver avuto origine, o quantomeno aver risentito della sua influenza, dalla pittura murale, pratica di disegnare e dipingere sui muri asciutti (a secco) che affonda le sue radici in movimenti artistici quali l’espressionismo astratto o la Scuola di New York. Dopo il secondo conflitto mondiale in Europa cambia il modo di leggere il mondo contemporaneo: l’afflusso di fumetti, giornali, riviste e musica dagli Stati Uniti influenzerà profondamente la quotidianità del nostro continente a partire dall’Inghilterra, dove il critico Laurence Alloway conierà il termine popart, nel 1958, sulla rivista Architectural Design. È in questo contesto, dunque, che inizia ad assumere sempre più rilievo la cultura popolare, chiave di lettura indispensabile per avere una visione completa e reale della contemporaneità. Ma per rintracciare la funzione sociale della pittura murale bisogna andare qualche anno indietro e spostarsi un po’ più a sud: il muralismo messicano, nato attorno agli anni Venti, si costituisce di grandi raffigurazioni tratte dalla tradizione preispanica poste all'esterno di edifici in luoghi molto ben esposti e frequentati. La rivoluzione messicana del decennio precedente spinge gli artisti (tra cui i più celebri Rivera, Orozco e Alfaro Siqueiros) a recuperare questa forma espressiva in quanto adatta a raggiungere qualsiasi fascia popolare – anche chi non era in grado di leggere e scrivere – al fine di veicolare il messaggio marxista. La connotazione politica dell’arte diventa qui la sua essenza, e lo stesso avverrà in altri campi affini: Rius, fumettista e disegnatore messicano, utilizzerà il fumetto politico per trasmettere con maggiore immediatezza e semplicità il proprio messaggio. Ed è proprio il comics dell’America Latina, in particolare quello argentino, quello verso cui il fumetto nostrano è maggiormente debitore: nasce all’interno di riviste settimanali e giornali di politica e attualità, in una struttura che sarà tipica, in seguito, anche del fumetto italiano (storie brevi, autoconclusive, chiuse da una morale), e che gli consentirà di distaccarsi dall’influenza nordamericana a tal punto da poter essere sentito come un genere fortemente autoctono. La vena politica del fumetto argentino non verrà mai meno, soprattutto per i frequenti episodi di dittatura o semidittatura che hanno caratterizzato il paese.
Nel 1947 entra nel mercato argentino la casa editrice italiana Abril, e un gruppo di giovani autori la seguirà a Buenos Aires nel 1950: Rino Albertarelli, Paul Campani, Alberto Ongaro e il più noto Hugo Pratt emergeranno prima sul mercato argentino che su quello italiano, così come Alberto Breccia, la cui tecnica di inchiostrazione innovativa produce un disegno complesso ma fortemente comunicativo. “L’opera di Breccia è unica” dice Barbieri, a sottolineare quanto anche gli studiosi del fumetto guardino all’opera del disegnatore argentino, che ha conferito profondità e ricchezza di letture e interpretazione al testo artistico. Più leggero e bambinesco è il carattere di fumettisti come Oski, Mordillo e Quino, creatore della celebre Mafalda.
Durante la dittatura militare, che ha governato dal 1976 al 1983, queste espressioni artistiche hanno subìto forti censure e pratiche repressive. Così come l’arte di strada e la pittura murale, anche il fumetto ne ha pagato le conseguenze; sarà proprio in questi anni, però, che avverrà l’incontro dell’Italia con il fumetto argentino. Da una parte per il soffocante regime dittatoriale, dall’altra per il crescente dominio del mercato da parte dei fumetti nordamericani e giapponesi, la stagione della scuola argentina di esaurisce negli ultimi decenni del Novecento. L’ultimo vero episodio che la caratterizza, per la situazione di diaspora degli artisti che si verifica in questi anni, avviene proprio in Italia, dove si sono trasferiti Carlos Sampayo e Josè Munoz. Caratterizzati da tagli narrativi inconsueti e da una perizia grafica memore della scuola argentina, entrambi gli artisti sono vicini alla tradizione underground, e la crescente complessità dei loro stili sfocerà presto in un tono drammatico, fortemente emotivo, destinato poi a riecheggiare nei fumetti degli artisti italiani che guardano a loro come esempi. Munoz e Sampayo pubblicano infatti, nel 1975, su AlterLinus, la stessa rivista dove farà la sua prima apparizione Pentothal di Andrea Pazienza, che come molti altri suoi contemporanei guarderà, tra gli altri, anche ai grandi esempi dell’America Latina.
Così come il fumetto, anche il graffitismo e la pittura murale hanno cambiato carattere e destinazione nel corso del tempo: si inizia a parlare di arte di strada (street art) per racchiudere in una definizione tutte le manifestazioni artistiche compiute, sia illegalmente che legalmente, in spazi pubblici urbani. In realtà quest’ultima è da tenere distinta dal graffitismo, che ancora oggi continua a mantenere saldo il suo legame con la cultura hip-hop e underground e a caratterizzarsi come movimento di forte autoaffermazione (sia del singolo writer sia della sua crew di appartenenza).Tra i graffitarisono nate nuove tendenze creative per cuisono riusciti a includere come forme di espressione la tipografia, il design, l'abbigliamento. La pittura murale invece presenta ancora una connotazione politico-sociale nel caso di artisti come Banksy, o Jorit, e ha maturato una connotazione culturale propria con artisti di spessore come Keith Haring. Sono numerosi, per fortuna, gli interventi urbani di artisti più o meno noti sui muri delle nostre città, anche in quelle più traboccanti di cultura storico-artistica come Firenze. L’ampliamento della definizione di “arti visive” ha incluso, già nel XX secolo, anche queste pratiche artistiche, a cui però ancora non si presta la dovuta attenzione o, piuttosto, il cui valore artistico è ancora parzialmente sottovalutato: un disegno, una scritta su un muro sono mezzi di comunicazione estremamente efficaci, hanno un affaccio sul mondo in grado di raggiungere chiunque perché scendono in piazza, nelle strade, si infilano tra la gente anche senza che questa vada a cercarli, e allo stesso modo la pagina di un fumetto è in grado di comunicare con la massima immediatezza con una gamma molto più vasta di fruitori. È dunque questo che accomuna queste forme di espressione creativa che, per quanto differenti, sono talvolta coincidenti dal punto di vista teleologico, rivolgendosi a destinatari comuni.
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