
“Ornella è lo stile”, ha detto Claudio Baglioni, e mai definizione fu più azzeccata per quella che è stata di gran lunga la cantante italiana più sofisticata del dopoguerra. Milanese di nascita e di sembianze, un misto di riservatezza un po’ snob e per nulla “piaciona” unita ad un’intelligenza curiosa e mai nostalgica ma sempre interessata alle “novità”, Ornella Vanoni è stata anche l’artista più “musicale” e teatrale di tutte quelle che l’hanno preceduta e affiancata, e direi anche di tutte quelle che sono venute dopo.
Ornella Vanoni, non a caso una delle poche cantanti italiane di quegli anni che non ha dovuto ricorrere a un nome d’arte, non aveva per dotazione naturale una voce particolarmente grande (come quelle di Mina, Milva o Iva Zanicchi, per intenderci), né caratterizzata da suggestioni erotiche (come Patty Pravo o Gabriella Ferri), né graffiante (come Mia Martini, Marcella Bella o Loredana Bertè), né poteva vantare la suadente dolcezza dell’usignolo canterino (come Orietta Berti o Giliola Cinquetti) e neppure la carica anglofona di una Rita Pavone o di una Caterina Caselli, e quindi ha dovuto ricavarsi, con intelligenza, un suo spazio per diventare una grande tra tante grandi, nell’epoca d’oro della canzone italiana.
Caso abbastanza raro tra gli artisti di origine borghese (la storia insegna che la smania di riscatto sociale è una delle costanti del successo), la Vanoni non nasce cantante ma attrice perché la magia del Teatro l’apprende giovanissima quando, tornata da poco a Milano da uno dei tanti collegi svizzeri dell’epoca, incontra Giorgio Strehler che le cuce addosso l’etichetta di “cantante della mala”. Etichetta dalla quale l’irrequieta Ornella si libera abbastanza presto grazie anche ad un secondo incontro fortunato, quello con Gino Paoli, che le scrive Senza Fine con la cui interpretazione sensuale e malinconica, tutta diversa da quella solare e sempre a voce piena di Mina, Ornella diventa a tutti gli effetti “la Vanoni”.
Quando dico che è stata l’artista, cantante è riduttivo, più “musicale” di tutte, mi riferisco alla sua capacità di piegare la voce a quella che in gergo lirico si definisce la “dinamica sfumata” e il “cantare sul fiato”, che altro non è che il saperla rendere strumento in grado di variare le sonorità e i respiri del proprio canto assecondando l’esigenza ritmica ed espressiva del brano che si esegue per differenziarlo da altri.
Arte posseduta da pochi e frutto non solo di un talento musicale naturale, personalmente l’ho sentita a una serata sanremese TV a casa di amici canticchiare il motivo appena andato in scena immediatamente impadronitasi della melodia, ma anche di studio e preparazione e di cura della propria voce. Il che la rende appunto una cantante sofisticata e che sa sempre farsi apprezzare nelle diversità, a differenza della classica “bella voce” che alla lunga ti annoia nella sua immodificabile monotonia.
Inutile elencare le tantissime canzoni che ancora oggi a tutti ci fa piacere di ascoltare, la voce della Vanoni può emozionare o meno ma a differenza di altre non invecchia, dalla memorabile L’Appuntamento, uno dei brani che forse l’ha identificata di più nell’immaginario collettivo, alla trascinante Eternità cantata a Sanremo con i Camaleonti, dalle raffinatissime Dettagli e C’è una ragione di più alla classica Domani è un altro giorno, fino alle più moderne Questa notte c’è, Rabbia libertà e fantasia, Valentina, Stella nascente e quella bellissima Uomini anche se meno nota.
E come non citare la fase brasiliana che ci ha regalato brani immortali come Tristezza e La voglia e la pazzia recentemente riesumata anche da Muccino nel film Gli anni più belli e quella successiva, in cui le sue sempre più elaborate nuance vocali l’hanno avvicinata a una cantante jazz.
Ricordate le sue tante e importanti collaborazioni con i migliori artisti italiani, spaziando da Fabrizio De Andrè a Jovanotti o dai New Trolls a Mario Lavezzi, il suo interesse universale per l’arte dello spettacolo l’ha condotta a cimentarsi, dopo il Teatro e la musica, anche nella conduzione televisiva e nel cinema, ma anche in questo caso mantenendo sempre alto il livello, visto che lo fece a fianco di partner del calibro di Walter Chiari, Gigi Proietti e Ugo Tognazzi.
Il fatto che ancora oggi, e dopo una delle carriere artistiche più longeve al mondo, mostri quando occorre di saper cantare ci conferma l’eccezionalità di quella sua musicalità innata e assoluta che non conosce né mode né età.
Buon compleanno a una grandissima della musica italiana, una grandissima vera e non come tutti quei “grandissimi“ fasulli, come ebbe modo di giustamente stigmatizzare lei in una sua celebre apparizione televisiva, brutalmente “cazziando” in diretta l’enfatica conduttrice che l’aveva introdotta, dicendole “ma possibile che in TV siano sempre tutti bravissimi, eccezionali, dico ma ce ne fosse uno che è anche solo normale”.
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