Angiolo Gracci, partigiano - Comandante Gracco - nato a Livorno nel 1920 e morto a Firenze nel 2004.
Una foto, scrivono Krakauer e Adorno, è un frammento di realtà, un istante che provoca uno skock nel fruitore di quell'immagine, uno straniamento che gli permette di interrogarsi sul prima e il dopo della foto.
In tal modo, dal ritratto fotografico possiamo ricostruire la realtà come collezione di immagini, impegnandoci a godere così di una realtà non fittiziamente offertaci in blocco.
La nostra partecipazione è nell'operazione della ricostruzione, dunque. Una ricostruzione che i partigiani e la Costituente degli anni '40 del '900 si impegnarono a formalizzare nel battesimo di uno Stato sfigurato dai soprusi e gli egoismi della classe dirigente fascista. Una ricostruzione di cui noi dobbiamo mantenere lo spirito.
"Ricordo volentieri e con un sorriso i nostri incontri insieme ad un altro partigiano Guido Campanelli. Andavo a trovarli per farmi raccontare le loro gesta e passavamo molto tempo a parlare di politica ed altro...." così Silvana Grippi, responsabile del Centro documentazione DEA racconta dell'amico Comandante Gracco.
L'energica promotrice delle attività socio-culturali dell'associazione DEA, siciliana trapiantata a Firenze, ha tra i suoi più preziosi interessi quello sulla Resistenza italiana, toscana in particolare.
La resistenza è un capitolo fondamentale della nostra storia, una collezione di immagini che ci definisce e di cui spesso ci dimentichiamo. Per pigrizia. È impegnativo e tuttavia doveroso reggere il confronto con generazioni che hanno messo a repentaglio la propria vita, la propria serenità familiare per schierarsi attivamente contro le dittature nazifasciste. Armarsi di fucili in nome della libertà, per quanto la violenza non dovrebbe essere contrastata mettendo in moto altra violenza, ha qualcosa di eroico che forse noi oggi stentiamo a capire fino in fondo.
Foto di Silvana Grippi
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