A.A.A cercasi lavoro. Buoni propositi per il 2012.
Valentina, 26 anni, 110 e lode in scienze politiche, disoccupata.
Francesco, 25 anni,
Diego, 32 anni, documentarista free-lance, cameriere.
Potrei continuare all’infinito elencando le migliaia di giovani italiani in cerca di lavoro che, come me, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre hanno brindato con bottiglia di spumante alla mano all’inizio del nuovo anno.
Tra i buoni propositi per il 2012 la speranza di coronare quel sogno che da bambini
-Paolo cosa vuoi fare da grande? Il medico mamma!- sembrava così possibile da realizzare.
Nell’anno dei Maya per eccellenza -il 21 dicembre 2012 segnerebbe, secondo il calendario degli antichi, il passaggio di un’era iniziata quasi due milioni di anni fa- riusciremo noi, uomini e donne del XXI secolo, a rendere onore a quella civiltà che popolò i territori del centro America? Se devo essere sincera, ho qualche dubbio.
Certo, cerco di evitare l’ondata leopardiana di pessimismo cosmico iniziando le mie giornate con una fumante tazza di caffè addolcita da un pizzico di ottimismo per affrontare la “maratona dei curriculum”.
Chi vincerà? Chi sarà il fortunato a tagliare per primo la linea del traguardo?
Sarà forse Diego che dopo anni di esperienza sul campo riuscirà finalmente a trovare una casa di produzione che finanzi i suoi progetti?. Sarà forse Francesco a inaugurare la sua carriera da imprenditore o sarà Valentina a realizzare la sua missione diplomatica?
Nessuno può dirlo, neanche la sfera di cristallo o il frate indovino ma sarebbe bello poter assicurare un’occupazione a questi ragazzi e a tutti quei giovani che con impegno, fatica e denaro hanno dedicato anni ad una formazione che consentisse loro di inserirsi nel mondo del lavoro.
Purtroppo la cronaca quotidiana ci presenta un quadro ben poco rassicurante.
La parola “crisi” pervade gli schermi televisivi, le pagine dei quotidiani, le frequenze della radio. Il nuovo governo tecnico di Mario Monti seguito dalla sua schiera di ministri si è ritrovato da un giorno all’altro a prendere in mano le redini di questo paese per evitare il rischio di finire come la Grecia o l’Argentina del 2001.
In queste settimane abbiamo sentito parlare di manovra finanziaria, di fase uno, fase due e perché no di fase tre, di Imu, di pensioni e di aumento delle tasse ma ancora una volta ho avuto la sensazione che i giovani siano stati lasciati tra gli ultimi della lista di questi tecnici chiamati a risollevare le sorti del paese.
Il quattro dicembre 2011 durante la presentazione della nuova manovra finanziaria le lacrime del ministro del welfare Elsa Fornero hanno fatto irruzione nelle nostre case. Quel video è entrato nei salotti degli italiani e sono pronta a sfidare chi non si è ritrovato a pensare anche solo per un momento al perché di quella commozione.
Sicuramente l’immagine di quel pianto ha avuto un forte impatto comunicativo -le lacrime in tv hanno sempre un certo effetto sull’audience- e il motivo credo sia piuttosto evidente. E’ chiaro che attraverso quei provvedimenti si continuano a sfavorire alcune fasce della popolazione e la difesa dell’equità diventa sempre più difficile. L’ulteriore aumento dell’età pensionabile, di certo, non aiuta ad aprire le porte del mercato del lavoro a noi giovani.
Queste rimangono ben chiuse a chiave costringendoci a bussare sempre più forte per farci sentire e il malcontento giovanile dilaga da nord a sud, da est a ovest estendendosi aldilà delle Alpi. Gli indignados madrileños fanno da apri pista alle manifestazioni e alle proteste; la contestazione giovanile di questo 2011 rimarrà negli annali.
Siamo figli del precariato, degli stage non pagati, delle liste di collocamento; non abbiamo continuità e ci accontentiamo di lavoretti “mordi e fuggi” se non vogliamo continuare a dipendere da mamma e babbo.
Ci chiamano mammoni, all’età di 30 anni stiamo ancora in casa con i genitori ma, come possiamo guadagnarci la nostra indipendenza se il lavoro non c’è, le aziende chiudono, bloccano le assunzioni e gli affitti costano più di quello che guadagniamo con un contratto a progetto?
Siamo infastiditi, siamo stufi di ricevere sempre quel “vi faremo sapere” per poi finire nel dimenticatoio. Non abbiamo la pretesa di ricoprire gli alti posti dell’organigramma aziendale, di guadagnare uno stipendio da parlamentare ma semplicemente vogliamo essere considerati per quello che siamo, giovani laureati desiderosi di mettere in pratica quei volumi infiniti studiati all’università, di sperimentare le nostre capacità, di valutare se, aldilà di quella formazione a volte un po’ troppo accademica, siamo in grado di proseguire la strada intrapresa nel corso dei nostri studi.
Non ci arrendiamo, continueremo a provarci ma qualcosa deve cambiare altrimenti non faremo altro che assistere alla folle fuga di cervelli dal nostro paese, continueremo a dipendere economicamente dalla nostra famiglia rinunciando alla nostra indipendenza. Impediamo che il lavoro si trasformi in un’ambigua utopia.
Share |
< Prec. | Succ. > |
---|