La consegna del premio nobel per la pace a Liu Xiaobo ha scatenato un vero vespaio di polemiche in Cina.
Ma se le prime accuse sono state quelle di strumentalizzazione, i metodi per far fronte a questa “ingiustizia” sono stati proprio una (a tratti estrema e soffocante) manipolazione dei mezzi di comunicazione. L’oscuramento dei siti web, l’interruzione delle trasmissioni internazionali, le misure restrittive contro ogni forma di manifestazione, ci fanno comprendere come il governo cinese non abbia alcuna intenzione di “tutelare”
E come il caso di Wikileaks ha già messo in luce, la stabilità dei governi (specialmente quelli più “autoreferenziali” e “narcisi” – ma viene da chiedersi quali, ormai, non siano tali) dipende dal controllo sull’informazione e sulle telecomunicazioni. E se le cose sono assai cambiate dai tempi di “ministri della cultura e informazione” come Joseph Gobbels, i principi che informano ogni sistema di governo restano ancora gli stessi: per “far pensare” un popolo, occorre presentargli la realtà esattamente come essa non è.
Nel mio impegno per una “informazione contro”, non intendo affatto svelare la verità nascosta dietro i cumuli di menzogne che ormai da ogni lato ci sommergono. Il mio compito di “giornalista” (o sarebbe più corretto dire: di opinionista “alla giornata”) sarà semmai quello di tentare di scardinare quei sistemi informativi troppo coerenti e ordinati che le strutture di potere di volta in volta mettono in piedi. E pur nella limitatezza dei miei orizzonti, non posso che rifarmi all’insegnamento di personaggi come Liu Xiaobo, uomini disposti anche a perdere la propria libertà, quando la lotta da loro combattuta è a favore di un senso di libertà ancora più profondo – un senso che risiede non nel denaro o negli investimenti (come “qualche” nostro politico vuol farci credere), ma nel pensiero e nella libertà di informazione.
[Cfr. notizia ANSA]
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/12/09/visualizza_new.html_1671786081.html
Simone Rebora
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