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Albania: diario di un viaggio

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Vacanze 2011. Quest’anno, dopo tanto tempo che si programmava questo viaggio, siamo partiti. La meta: il sud dell’Albania, il paese di fronte. Il 17 di agosto carichiamo la macchina e partiamo un po’ preoccupati. Non per le “leggende metropolitane” che circondano il paese delle aquile, ma semplicemente per il viaggio. Guidare da Firenze a Brindisi è abbastanza stancante, per non parlare dell’interminabile fila al porto di Brindisi e gli estenuanti e inutili controlli, ma siamo felici di partire, ne vale la pena. Non ostante tutto , rimaniamo piacevolmente colpiti non appena arriviamo a Brindisi. Ci dicono che per le 16.00 parte un traghetto che in quattro ore arriva a Valona. Reduce delle vecchie esperienze, a me sembra fantascienza, ma decidiamo di partire, anche se si pagava di più, cosi non perdiamo la notte sulla nave. Mentre aspettiamo di fare il biglietto, ascoltiamo per sbaglio (e curiosità) i discorsi di chi ci precede, e ci accorgiamo che molti sono italiani. Alcuni sono preoccupati per il parcheggio della macchina, e altri si chiedono se troveranno l’espresso buono, ma alla fine sembrano tutti entusiasti. Una volta fatto il biglietto saliamo sulla nave. Ovviamente regna il caos. I marinai ci aiutano con i gesti a parcheggiare e qualcuno (non riesco a capire chi è!) forse il capitano, ci controlla i passaporti. Scopro con dispiacere che tutto il personale della nave non parla né albanese né italiano e tanto meno inglese. Ci mettiamo sopra la coperta a vedere il mare. Io non posso non pensare ai tanti bambini, uomini e donne che hanno perso la vita nel 97, quando passiamo affianco al canale di Otranto. Tanti esseri, colpevoli soltanto di sognare una vita migliore, in un paese che amavano. Gente che scappava da una guerra civile in piena notte, per non rivedere mai più l’alba del nuovo giorno. Un pensiero che mi causa dolore e rabbia per chi non ha mai avuto giustizia. Mentre sono incatenata ai miei ricordi, un signore molto singolare mi chiede in inglese quanto manca per arrivare a Vlorè (Valona). Tra una chiacchiera e l’altra ci conosciamo meglio. È di origine maltese, cresciuto in Australia, e fa il maestro d’inglese in Giappone. Partito per l’Albania spinto dalla curiosità, con solo uno zaino in spalla.
Parlando, il tempo passa velocemente e solo poco dopo il tramonto (splendido) arriviamo a Valona.Scendiamo e al porto tutto organizzato alla perfezione. Hanno aggiunto altro personale per controllare chi entra e chi esce dalla dogana, e questo ci fa risparmiare parecchio tempo. Niente tassa ambigua per gli stranieri, e questa è ancora un’altra bella sorpresa, anche se “i venditori ambulanti” di inutili assicurazioni ci sono sempre. Gli liquidiamo con un “jo faleminderit”, “No grazie”, e usciamo dal porto. Senza nemmeno scaricare i bagagli andiamo nella bellissima collina di Kuzum Baba. La città da quell’altezza sembra incantata. Le luci che serpeggiano la costa, la moschea al centro e pochi passi più un là, la chiesa cattolica, le piccole case vecchie e i nuovi palazzi con molti piani, il liceo, i venditori ambulanti, le strade piene di macchine e il rumore incessante dei clacson. Piccoli dettagli. Basterebbe un fermo immagine per ogni spazio dove vaga l’occhio per capire che ogni cosa racconta un po’ della storia di questa città. Ceniamo a base di pesce e ci facciamo consigliare l’albergo. Alla fine affittiamo un appartamento vicino al mare pagando solo €30 a notte, compresa la colazione. I primi due giorni volano. Il mare dopo “Uji i ftohtè” è bellissimo. Con meno di € 5, allo stabilimento avevamo per tutta la giornata, ombrellone e due sdraio, e poi la sera ci sono le molteplici discoteche all’aperto, forse un po’ kitsch. La vita notturna si svolge qualche kilometro fuori città, mentre in centro regna il silenzio quasi inquietante.  Il terzo giorno decidiamo di spostarci più a sud. Prossima tappa la città di Saranda.  Per arrivare a Saranda, bisogna passare nella strada ricostruita ultimamente che attraversa, Llogara (parco nazionale dell’Albania), e affianca Jal, Himarè e Borsh. Passando vicino a Jal, decidiamo di trascorrere la giornata in questo posto.

Siamo in vacanza e non abbiamo programmi. Il posto è veramente stupendo, l’acqua di un azzurro trasparente quasi innaturale, e gli scogli rendono un sogno tutto il paesaggio. I prezzi non cambiano. Ci fermiamo a mangiare in un ristorante self-service di cucina tipica. Tutto buonissimo e di buona qualità. Abbiamo preso lo Zaziqi, tasqebap (spiedini di carne e verdura), qofte (polpette di carne), peperoni ripieni di riso e pattatine fritte. Abbiamo pagato meno di 10€ persona e la sera abbiamo dormito in tenda per soli 10€. Il campeggio è comodo, vicinissimo al mare. Anche se la tentazione di rimanere un'altra notte è grande, i giorni di vacanza sono pochi, quindi ci rimettiamo in viaggio. Ci fermiamo ad ammirare le bellezze di Himarè Borsh e Llaman. E incredibile! Tutto parla greco, dalle frequenze della radio, ai muri. Le recenti elezioni amministrative hanno lasciato il segno, e a giudicare dalle scritte, non ci crederesti che Bollano (il politico che voleva Himara, greca) abbia perso, anche se questo mi riempie di gioia. Un po’ di sano nazionalismo non guasta mai. Verso sera arriviamo a Saranda. Il tempo di farci una doccia e andiamo a mangiare. Sufllaqe, un piatto molto usato per chi sceglie il “fast food”. Pane arabo ripieno di salsa di yogurt, pattatine fritte, pomodoro cetrioli e carne. Saranda è una città che ha imparato a sfruttare il turismo.

I prezzi degli alberghi partono da 40 € - 90 € la notte. Il lungo mare è pieno di gente, come anche i ristoranti e le piste da ballo. Sembra una città europea in piena regola se ti soffermi in quel punto, ma fuori è tutto diverso. Palazzi in costruzione mai finiti, strade sterrate, polvere e bunker distrutti come molti palazzi, spettri di una “democrazia” fallimentare, senza regole, che tengono questo paese inchiodato al proprio passato. Passiamo a Saranda una notte. La mattina dopo facciamo colazione con “paçe koke”. Tipica colazione albanese. Un brodo fatto con la testa del vitello e la carne. Non tanto gradita da mio marito abituato a fare colazione con brioche e cappuccino. Puntuali alle 9.00 partiamo per Butrinti.

In pochi minuti siamo nella città preistorica. Nell'antichità era conosciuta come Bouthroton in greco antico e come Buthrotum in latino. I resti archeologici più antichi datano ad un periodo compreso fra il X e l'VIII secolo a.C. L’insediamento originario probabilmente mercanteggiava con Corfù e aveva una fortezza ed un santuario. Butrinti si trovava in una posizione strategicamente importante a causa dell'accesso allo stretto di Corfù. Dal IV secolo a.C. crebbe in importanza e comprendeva un teatro, un tempio ad Asclepio e un'agorà. Nel 228 a.C. Poi protettorato romano insieme a Corfù, e in seguito divenne parte della provincia dell’Illyricum. Nel 44 a.C. Cesare designò Butrinti come colonia per ricompensare i soldati che avevano combattuto per lui contro Pompeo. Nel 31 a.C. L'imperatore Augusto, fresco vincitore della Battaglia di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra, rimise in vigore il piano per fare di Butrinti una colonia di veterani. I nuovi residenti espansero la città e, fra l’altro, costruirono un acquedotto, le terme, un foro e un ninfeo.

All’inizio del VI secolo Butrinto divenne un vescovato e furono costruiti nuovi edifici come il battistero (uno dei più grandi dell’epoca paleocristiana) e la basilica. Dal VII secolo Butrinti si ridusse a una piccola città fortificata e, in breve, fu conquistata dal primo impero bulgaro, prima di essere riconquistata dai Bizantini nel IX secolo. Rimase un avamposto dell’impero contro gli assalti dei Normanni fino al 1204 quando, a seguito della IV Crociata, l’Impero Bizantino si frammentò e Butrinti  entrò a far parte del Despotato d'Epiro. Nel 1267 Carlo I d'Angiò prese controllo di Butrinti e di Corfù e ricostruì sia le mura sia la basilica. Nel 1386 Butrinti e Corfù furono acquistate dagli Angioini da parte della Repubblica di Venezia, ma i mercanti veneziani erano principalmente interessati a Corfù e Butrinti cominciò un nuovo periodo di decadenza. Nel 1490 furono costruite una torre e una piccola fortezza. Resti del teatro e di parte dell'agorà.

Nel 1797 Butrinti fu ceduta a Napoleone in seguito al trattato di Campoformio, e due anni dopo fu conquistata dal governatore ottomano Alì Pascià di Tepelena, fino a che nel 1912 divenne parte dell’Albania. Dopo la lunga mattinata al sito archeologico ci spostiamo verso “Syri i Kaltèr”. Occhio azzurro, una sorgente carsica, situata alle pendici di “Mali i gjerè”, profonda 45 metri e l’acqua è fredda circa 10°.Non ostante tutto, facciamo il bagno.
È impossibile stare troppo tempo sott’acqua e soprattutto dobbiamo stare attenti, la corrente è molto forte.Ci divertiamo moltissimo, ma dura poco. Dobbiamo rimetterci in viaggio. La strada è veramente brutta, un cantiere continuo, e a intervallo di pochi metri troviamo accampamenti di zingari, fino a quando non riprendiamo la strada che porta a Valona.
Per Cena siamo a Llogara, dove ceniamo con l’agnello allo spiedo, tipico della zona, e salsa di yogurt. La signora ci offre anche un dolce tipico, hallvè. Lungo la strada incontriamo molti apicoltori che vendono i loro prodotti e noi compriamo il miele e il propoli. Arriviamo a Valona felici e stanchi. Il giorno dopo dobbiamo ripartire per l’Italia, ma sicuramente presto ritorneremo.

 

      Ksamil   

 

Testo e foto - Rezarta Selam Eminaj - DEApress

 

 

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Ultimo aggiornamento ( Giovedì 15 Settembre 2011 20:11 )  

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