Le elezioni dei presidenti delle camere, figure teoricamente super partes, segnano già l'indirizzo che la Repubblica prenderà durante la prossima legislatura.
Da un lato abbiamo Lorenzo Fontana, neo presidente della Camera dei Deputati, filoputiniano di vecchio corso salito alla ribalta negli ultimi anni con dichiarazioni apertamente omofobe e maschiliste, mascherate, come è solito nell'area di destra, dalla pretesa difesa della famiglia tradizionale e dei valori occidentali. E' di ieri una sua dichiarazione, fatta a Porta a Porta, in cui si mette in dubbio l'efficacia delle sanzioni alla Russia e si avverte contro un probabile "effetto boomerang", confermando le preoccupazioni dei deputati PD che, durante l'elezione, avevano mostrato uno striscione di protesta.
Dall'altro lato, Ignazio La Russa, politico apertamente post-fascista, che ha dichiarato di avere immagini del duce nella propria casa e, poco tempo fa, se ne è uscito con la boutade: "Siamo tutti eredi di Mussolini". Quest'ultimo ha ricevuto anche quelle che sono state definite "minacce": una scritta con la stella a cinque punte sulla sede di Fratelli d'Italia della Garbatella, e uno striscione, posto dal collettivo Cambiare Rotta su una strada romana, in cui il nome del neo-presidente appare girato a testa in giù.
Due tipi di striscioni, due tipi di protesta: mentre le opposizioni hanno ampiamente supportato la protesta avvenuta in Parlamento, quella nelle strade è stata condannata da tutti come minacca, e ha permesso a La Russa di incassare la solidarietà di tutto il mondo politico.
Qui, però, vorremmo portare un punto di visra diverso: come detto, i due neo-presidenti delle camere possiedono un curriculum che rappresenta bene il clima che si è creato dopo le ultime elezioni e la direzione che verrà assunta nei prossimi cinque anni. Per questo motivo, le opposizioni extra-parlamentari sono in subbuglio: se la loro lotta si è impegnata fin ora nell'acquisizione di diritti (sociali, civili e migratori), oggi il problema sembra essere quello di difenderli da una loro lesione o da un loro ridimensionamento. Per questo motivo, dalla fine delle elezioni si sono moltiplicate le assemblee e le iniziative dei collettivi e dei gruppi autonomi che compongono la galassia della sinistra extraparlamentare, e al contempo si è assistito a un innalzamento dei toni, di cui i succitati striscioni sono l'espressione.
Se è vero che un innalzamento dei toni non è salutare per un buon dibattito politico, forse non è conveniente per la sinistra parlamentare condannare in toto queste dichiarazioni: questi gruppi sono spesso piccoli e frammentati, ma anche radicati nel territorio e capaci di parlare alla gente comune e di affrontarne direttamente i problemi, cosa che, a detta degli stessi esponenti del PD, ormai manca da tempo al primo partito di opposizione. E' a questi gruppi che si deve la costruzione (seppur lenta e non senza problemi o antipatie) di una rete solidale e di scambio di idee che avvicina i giovani alla politica e all'organizzazione, e ha l'obiettivo di sfociare in manifestazioni e attività di lotta e di resistenza diffusa. In questo contesto l'innalzamento dei toni si spiega mediante la continua delusione degli ultimi anni (con leggi affossate come il DDL Zan, o amputate da una mediazione troppo spinta, come la legge sulle Unioni Civili), e soprattutto tramite la sensazione che ormai sia "troppo tardi" che permea ormai da anni il dibattito (il piano ecologico è un esempio) e che si è acuita negli ultimi mesi, quando la prospettiva di un governo Meloni si faceva di giorno in giorno più concreta.
Nel momento in cui si vede bene che il centro destra ha lasciato il posto a una destra completa, è necessario che il centro sinistra si sposti verso sinistra, e che i gruppi parlamentari si pongano in dialogo con quelli extra-parlamentari, ne accolgano almeno in parte le istanze e le portino all'attenzione nazionale. Si tratta dell'unico modo per ricostruitre un'opposizione efficace e radicata nel territorio. Su questo piano, però, non si vedono movimenti, e il PD impegnato nelle proprie contese interne sembra, ancora una volta, condannarci ad avere, da una parte, un parlamento privo di sinistra e, dall'altra, una sinistra disorganizzata e frammentata, capace soltanto di organizzare reti che facciano da tampone, ma che non potranno mai risolvere i problemi alla radice.
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