Dal 2019 in Italia (secondo alcune fonti), sono spariti oltre cinquantaduemila negozi, con una perdita di capacità di spesa di circa quindici miliardi di euro.
Un vero e proprio crollo quindi, delle piccole e medie attività di bottega, che pesa in gran parte sui "negozi di vicinato" rispetto a quelli online.
Tuttavia gli acquisti nei negozi tradizionali sono ancora i più preferiti dagli italiani; quello che pesa - ed ha avuto un brutto arresto - è la capacità di acquisto: una perdita economica (14,7) che in due anni ha portato a circa seicento euro in meno per famiglia.
Ci domandiamo quali sono le cause di questi numeri allarmanti. Perché questa fenomenologia?
La pandemia, la quale ha provocato, in primis, un processo di "desertificazione" ancora tutto da analizzare ma ha creato un periodo pesante per l'intera popolazione costretta a stare per mesi chiusa in casa; dopodiché ecco la crisi dovuta all'inflazione e del caro-energia, che hanno dato un'ulteriore colpo alla capacità di spesa delle famiglie.
Più precisamente la chiusura di alcuni negozi è stato un vero capovolgimento sociale: colpiti vari settori tra cui la moda e gli accdssori. alcune categorie sono fallite e sparite dall'orizzonte commerciale come quelli dell'artigianato, la vendita di giornali, la cancelleria e attività di servizio vari sono le più colpite che hanno risentito di questa crisi come distruzione di comportamenti (ora si preferisce i grandi magazzini anche se la cifra del prodotto è minore). In forte contrazione anche le attività alimentari (come, per esempio, la vendita del pane e dei dolci). Più contenuta la perdita per le librerie dato che i proprietari ha come novità che i locali sono diventati centri di cultura. Eppure, nonostante il drammatico quadro generale, non tutte le attività hanno registrato una perdita. E' il caso di quelle piccole fealtà di quariere che ancora sopravvivono come la vendita di frutta e verdura o, ancora, le attività di pescheria mentre le macellerie sono già in via di estinzione.
Questa situazione capovolge i comportamenti sociali e avrebbe bisogno di una politica con progetti decisi e mirati. La Confesercenti propone misure fiscali per ridurre la pressione delle imposte sui negozi e sulle famiglie - come, per esempio, detassare gli aumenti contrattuali nel prossimo biennio. Inoltre programmi strutturali, con un pacchetto di formazione agli imprenditori e sostegni a tutte quelle attività che pomuovono l'innovazione. Ci sarebbe bisogno di prestiti a giovani che vogliono iniziare qualche attività. Sarebbe un primo passo verso la soluzione della chiusura dei negozi, anche se pare che la situazione sia, per ora, irreversibile (osservando la tendenza attuale, per i prossimi sette anni, fino al 2030, si stima una contrazione dell'11%, con circa 18 negozi che spariranno ogni giorno). A tal proposito ci chiediamo "Che fare"?
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