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Nella notte tra il 20 e il 21 Gennaio 2022, a Livorno, nei pressi del cimitero della Misericordia, è apparsa, spontaneamente, un'installazione artistica senz'altro interessante. Ha da poco compiuto due mesi di apprensione e sembra essere stata benevolmente accettata dai cittadini; il che non stupisce.
Il luogo scelto dagli artisti era infatti uno spazio pubblicitario - ormai da anni abbandonato - che in seguito a questo particolare gesto da parte di un pugno di creativi anonimi ha ripreso vita.
Sono riuscito a mettermi in contatto con loro e a scambiarci due parole; ciò che segue ne è il risultato.
Quattro sono state le paia di mani all'opera, due le menti, uno il risultato, decisamente d'impatto.
Ognuno di loro mi ha spiegato l'opera in maniera diversa, in termini di significato e di intenti; a seconda dell'artefice col quale si parla cambia addirittura il titolo.
Considero questa la riprova della completa soggettività dell'esperienza artistica contemporanea, e dell'assoluta democraticità di quest'opera (un'omaggio alla collettività, fruibile da tutti, installato senza richieste in un luogo pubblico); anche in termini della sua lettura: non è possibile trovare nei suoi pressi, non dico una spiegazione, ma neanche un titolo, da nessuna parte, il che ne rende l'interpretazione completamente libera e, di nuovo, soggettiva.
Secondo qualcuno si tratta di "Lanch": questa parola (da loro inventata) suggerisce la dinamicità di un pranzo fuori posto (il pranzo: lunch, lanciato in aria); limitata alla sua forza impressiva la lettura dell'opera secondo questo titolo non necessita di ulteriori riflessioni né indagini su strati semiotici più profondi. E' Dada!
Secondo altri ci troviamo di fronte a "Ci hanno levato la terra dai piedi": un titolo che propone una lettura totalmente differente, politica se vogliamo, sicuramente più impegnata.
Vista in questa luce ho subito pensato che il riferimento fosse strettamente legato alla pandemia e alla situazione che stiamo vivendo (anche gli elementi che la compongono fanno subito pensare ai ristoranti), sono stato però smentito, il riferimento al momento storico che viviamo è importante, ma non si tratta degli ultimi tre anni come io credevo, bensì della situazione socioculturale che stiamo vivendo in senso ampio.
"E' una sensazione che non mi lascia mai, e che credo molti conoscano, soprattutto tra i fratelli e le sorelle della mia generazione, sentirsi appesi a un filo (che è letteralmente il modo in cui abbiamo realizzato l'opera), in uno stato di costante paralisi di cui l'originale causa non è il covid ma, ha giocato, il ruolo di efficace carburante".
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