Fortuna ha voluto che in anni incredibili, due mostri sacri come Igor Strawinskij e Benny Goodman avessero delle linee comuni di appartenenza. Come è spesso stato scritto, Strawinskij conosceva il jazz, forse lo amava ma certamente lo utilizzava. Così come facevano i suoi colleghi francesi come Claude Debussy e Maurice Ravel. In effetti per alcuni compositori di quel tempo l'interesse verso la musica afro americana era notevole. Divenne spesso linguaggio usato da tanti compositori, anche italiani. Soprattutto quel modo di scrivere armonie, gli accordi dissonanti ma belli usati nel jazz fecero innamorare molti musicisti e compositori che venivano dallo studio accademico. Ma lo stesso fu per i jazzisti. Ad iniziare dal mitico George Gershwin, spesso o spessissimo nell'ambito del jazz si provò una forte attrazione verso il mondo pù o meno ordinato della scrittura classica. Un esempio su tutti fu Duke Ellington che dopo Gershwin cercò di fra crescere quel necessario connubio fra due generi che avevano molti punti in comune. Ed è così che Benny Goodman, che era comunque un clarinettista di formazione classica, tant'è che ci sono ancora le sue incisioni di Mozart o o di altri compositori classici, si avvicinò ad una scrittura compositiva discretamente espressiva, d'impronta impressionista e non mancò di suscitare veramente l'interesse di Stravisnkij. Ma poi il compositore russo scelse il clarinetto di Woody Herman per il suo Ebony Concerto indiscutibile capolavoro di misura fra il linguaggio moderno su vari fronti. Ma i due si rifecero anni appresso, quando si incontreranno veramente per realizzare il disco per la Cbs Chamber Music dove Goodman non solo suono l'Ebony Concerto ma eseguì il Concertino per 12 strumenti ed alcuni altri brani scritti da Strawinskij. Era una sorta di ravvedimento tardivo di Stravinskij che non fu poi molto contento del risultato ottenuto da Herman. Fu un successo. Ora Biagio Biagini, penna acuta ed interessante, scrive per Oligo Edizioni il suo Swinging Strawinskji che è un viaggio a ritroso o futuribile su quella che è l'essenza della musica e degli incontri che per essa avvengono. Infatti Biagini crea una storia dove i protagonisti sono certamente Goodman e Strawinskij ma non solo, c'è tutto un mondo che si muove attorno ad essi e una America che sembra essere la nuova terra delle libertà creative. Certo che l'amore che Biagini prova per la musica è dimostrato dalla dovizia di particolari che inserisce nella sua narrazione. Biagini è innamorato di un'epoca e la sua potrebbe essere senz'altro la logica di Scott Fitzgerald, di Tenera è la notte, de Il grande Gatsby o di Clint Eastwood di Mezzanotte nel giardino del bene e del male. Tempi complessi, così come erano musicalmente composte le composizioni di allora. C'era una ricerca continua, un miscellare generi e esperienze senza l'angosciosa presenza di essere appartenenti ad una scuola o ad un'altra. Il libro è quindi necessario averlo, leggerlo, divertirsi a scoprire. Mettere poi o un lp o un cd dei tanti riferimenti che musicalmente Biagini fa. Insomma il suo lavoro è un invito a conoscere certamente ma anche a ricordare che nei linguaggi ci si può incontrare anche agli opposti.