Silvio Capeccia
“Silvio Capeccia plays Decibel - Piano solo2”
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Decisamente un esperimento interessante per quei palati fini che al sono composto e prodotto ricercano anche e soprattutto un'origine che arrivi da radici classiche. E forse anche questa volta resteranno soddisfatti... un disco che per i fan di quei Decibel di Ruggeri significa anche un percorso a ritroso nella storia della band punk milanese, ma anche una bellisima esperienza. La firma e di uno di loro, nello specifico Silvio Capeccia... un piano solo per rivivere i gloriosi successi e anche brani meno conosciuti dei Decibel. Due dischi - di recente uscito il secondo volume - dal titolo “Silvio Capeccia plays Decibel - Piano solo”. Un lavoro raffinato ma anche molto coraggioso. Il grande punk italiano in un pianoforte soltanto.
Ritroviamo i Decibel in forma classica… se mi concedi la sintesi. Perché questo lavoro?
I Decibel sono stati i pionieri in Italia di punk rock e new wave tra gli anni Settanta e Ottanta, e si sono riproposti al grande pubblico con la reunion del 2017-2018. Nel nostro repertorio ci sono sempre stati brani composti al pianoforte (tra tutti i noti “Contessa” e “Vivo da re”); durante il lockdown le circostanze diciamo forzate mi hanno riavvicinato al pianoforte, e così canzone dopo canzone ho riletto i brani della band, iniziando appunto da quelli più pianistici. L’idea del progetto “Silvio Capeccia plays Decibel” è nata nel momento in cui mi sono progressivamente avvicinato ai brani più tipicamente rock: mi accorgevo che le sonorità del pianoforte trasportavano ogni canzone in una dimensione particolare, più sognante ed evocativa. Quindi non un semplice arrangiamento al piano, ma un viaggio musicale nel quale il brano originale diventa l’eco lontana di una nuova creazione.
Esiste un modo punk anche per il pianoforte? È quello che hai cercato o quello che volevi evitare proprio per trovare altro?
Sarebbe stato facile associare punk e pianoforte per rileggere le canzoni in maniera violenta, pestando sui tasti senza badare tanto alla forma. Io ho seguito un approccio differente: grazie alla varietà di accordi e di melodie delle nostre canzoni, è stato possibile entrare in molteplici mondi sonori, dal ragtime alla ballad al progressive fino alla ambient music.
E se di altro possiamo parlare… cosa nello specifico?
L’altra strada per affrontare il repertorio dei Decibel è stata proprio questa: immettere nella rilettura le influenze di più generi musicali, perché le etichette non devono costituire un vincolo stilistico. Il punk è stato un punto di partenza, come d’altronde è avvenuto per Talking Heads, Ultravox, Elvis Costello e tanti altri artisti che poi hanno sviluppato il loro talento in differenti ambiti musicali.
Esisterà anche una terza vicenda di questo lungo viaggio? Mancano pezzi esclusi da questa lunga rilettura?
I Decibel nella loro carriera hanno pubblicato circa 60 canzoni: nel mio progetto distribuito su 2 album ne ho affrontate 28, quasi il 50%. Ritengo quindi completato questo viaggio, avendo spaziato dai brani più pianistici a quelli più rock, come ad esempio “My my generation” che è il singolo tratto dal secondo album, toccando comunque tutti i periodi salienti della band.
Avete mai pensato di fare un concerto in acustico… magari proprio piano e voce?
Ho cercato di evitare una trasposizione per piano e voce; le canzoni dei Decibel sono una realtà rock, tali restano e tali verranno riproposte live. “Silvio Capeccia plays Decibel” è un viaggio in una dimensione parallela, che ho già eseguito (ed eseguirò nel prossimo futuro) esclusivamente nella versione piano solo.
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