Ecco il mio intervento di sabato 25 novembre prima della lettura di un brano dedicato a Maria Soledad Rosas, Sole, tratto da "Per tutte, per ciascuna, per tutti, per ciascuno": Le donne sono oppresse dal patriarcato, dal capitalismo e dal colonialismo.
Patriarcato, capitalismo colonialismo sono elementi inscindibili.
Un concetto risaputo che non immaginavo di dover ripetere.
Invece è necessario gridarlo sino allo sfinimento, dal momento che ci sono donne che credono di poter affermare i propri diritti grazie alla repubblica italiana che ha utilizzato lo stupro come arma di guerra nelle sue recenti imprese imperialiste, dalla Somalia all’Afghanistan.
Quello stesso stato che, oltre a infliggere alle detenute nelle galere italiane tutto ciò che non potete immaginare, le costringe quando debbono sottoporsi a visite psichiatriche o ginecologiche, a farlo in presenza di agenti della polizia penitenziaria.
Due semplici esempi, tra miriadi di esempi, per ricordare quanto sia un cattivo affare scegliere di essere vittime in attesa della salvezza di stato, delle leggi di uno stato che fonda la propria cultura repressiva sull’abuso sessuale, sull’annientamento fisico, psicologico delle donne. «La libertà non può essere presa facilmente. Ma può essere presa con la forza», ha detto Leila Khaled.
Questo vale per tutti gli oppressi, ma vale in particolar modo per le donne. Non definitevi mai più vittime - vittime sono gli esseri viventi consacrati o immolati alla divinità, vittima è una parola infame che giustifica e legittima i carnefici - ma donne combattenti. Donne consapevoli che la libertà può essere presa con la forza. E la forza ha infinite forme, possibilità, modi di essere espressa.
Le donne combattenti vengono perseguitate per tutta la vita. A volte anche da altre donne, che diventano strumenti della ferocia patriarcale, coloniale, liberista, razzista.
In questi giorni, è accaduto a Leila Khaled stessa di essere di nuovo oggetto delle vessazioni dello stato italiano. Per chi non la conoscesse, Leila Khaled è una combattente storica del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, una rivoluzionaria che non solo ha lottato, non solo ha subito le angherie dei sionisti, ma ci ha donato un testo cruciale come “Liberazione delle donne” del 1971.
Indovinate chi ha chiesto l’intervento del questore di Torino, della polizia, perché Leila non potesse parlare in collegamento con gli studenti dell’università occupata?
I neofascisti al governo? Certo, anche loro.
Ma sono altri camerati che si sono mossi subito per tentare di cancellare la voce di Leila. I camerati progressisti, quelli con in una mano la bandiera arcobaleno con scritto “pace” e nell’altra mano il simbolo di Leonardo S.P.A., la più grande azienda produttrice d’armi d’Italia e d’Europa. I camerati del partito democratico.
Leila Khaled è stata definita «terrorista» da Pina Picierno, vicepresidente del parlamento europeo. Una dirigente del partito democratico che cerca le simpatie delle femministe liberali e sostiene stizzita che con 80 euro in 15 giorni potete campare grandiosamente. Il partito democratico e la Picierno hanno imposto il silenzio di una donna, una donna palestinese, una donna combattente, una voce cruciale del femminismo mondiale.
Poi in ogni città dello stato italiano, la nostra inclusa, le signore e i signorotti feudali del partito democratico fanno convegni - spesso nelle sale delle fondazioni delle banche, del resto dove dovrebbero sputare menzogne se non nelle loro banche? - sulle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale.
Poi in questa città trovate le “democratiche” e i “democratici” alle fiaccolate contro l’infinito massacro di donne compiuto da maschi. Farisei e farisee come i loro alleati israeliani.
Non gli basta aver mercificato e svenduto le classi subalterne che giuravano di rappresentare, non gli basta aver ceduto la Sardegna all’occupazione militare e ai colonialisti di ogni risma, ora reificano e mettono sul mercato elettorale voi donne e il martirio di migliaia di donne.
Da un lato fingono di piangere davanti a voi per un voto in più alle prossime elezioni regionali, dall’altro attivano la repressione per mettere a tacere le donne combattenti.
La prossima volta sarebbe elementare buon senso e amore per la verità allontanare, scacciare questa gente dai cortei per la resistenza delle donne. Resistenza è anche saper riconoscere il nemico, colpirlo quando si travisa da “giusto”, ci si avvicina conciliante per banchettare sulla morte delle vostre e nostre sorelle.
Lo stato italiano ha sempre avuto, da decenni, una profondissima paura delle donne combattenti. Perché sa quanto siano indispensabili e irrefrenabili.
Allora le definisce “terroriste”, allora per annichilirle si serve di maschi legalitari, di maschi dalla parte giusta, di maschi che indossano la toga da giudice o la divisa di poliziotto, di carabiniere, di carceriere nelle istituzioni totali.
Su alcune vicende che lo testimoniano ho scritto un libro poetico con il Collettivo Eutopia e potrei stilare stasera un elenco interminabile di atrocità sulle donne commesse in nome della repubblica italiana.
Preferisco dirvi soltanto: rifiutate di essere “vittime” e siate donne combattenti.
Filippo Kalomenìdis