Stamattina ho ripreso Goliarda, per fare un esercizio di analisi e lettura.
È incredibile il legame che ho con questo libro. Conosciuto pochi mesi dopo essere arrivata a Firenze, qualche anno prima che una delle grandi case editrici che l’aveva rifiutata in vita, nè acquistasse i diritti e lo ripubblicasse. Sono fiera della mia copia Stampa Alternativa 2006, sarò sempre grata al ragazzo che me lo ha consigliato: un cuoco che faceva le scuole serali all’Iti Da Vinci, dove ho insegnato per un tempo brevissimo, ma cruciale per questo incontro che ha travolto la mia vita. Perché certi libri ci travolgono, c’è poco da fare.
Goliarda finì di scrivere l’arte della gioia nel 1976, dopo anni in cui aveva dato vita è vissuto accanto a Modesta, la protagonista del romanzo ed una delle figure femminili più forti, potenti, vere della letteratura italiana.
Goliarda morirà nel 1996 senza che Modesta fosse conosciuta dalle lettrici e lettori. gnorata dalle case editrici che del suo manoscritto proprio non volevano saperne. Sarà il suo compagno, Angelo Pellegrino, a pubblicare nel 1998 a proprie spese poche copie del manoscritto.
Ancora oggi, che l’Einaudi l’ha ripubblicato (dopo averlo rifiutato quando avrebbe dovuto scommetterci e crederci, lo ha preso quando veniva tradotto all’estero e guardato come una delle più interessanti voci italiane) a me sembra che quando si parla di questo libro, ci sia sempre un alone di sospetto, come se si trattasse di una moda, come se fosse sopravvalutato. E invece è il più grande affresco di un mondo dimenticato, narrato da una voce singola nel panorama italiano, con la protagonista più vera e forte di sempre.
E potessi riprenderlo 100 volte in mano, 100 volte rileggerlo mi emozionerà come la prima volta: è un legame raro, forse unico
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