8 marzo DEApress- "Oltre il reportage - Maria Elizabeth Macias Castro"
Maria Elizabeth Macias Castro, detta Marisol. Era una donna messicana dalla fede molto forte: faceva parte del comitato centrale del Movimento Laico Scalambriniano, nato per affiancare i missionari nelle loro strutture organizzative e associative, con particolare riguardo all’assistenza dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dalla loro personale cultura, religione, lingua e situazione giuridica. L’impegno generoso di Marisol per la comunità non finiva qui, ma si estendeva al suo ruolo professionale: in qualità di caporedattrice del quotidiano Primera Hora e di giornalista web su Nueva Laredo en Vivo, era convinta che testimoniare la verità fosse un dovere nei confronti della comunità.
Perché essere giornalisti in Messico non è facile. Secondo un’indagine dell’ONU, è la nazione più pericolosa per i reporter, quella in cui ne muoiono di più ogni anno. Spesso dunque, il giornalista tende a non raccontare determinati avvenimenti, o per lo meno a minimizzarli, per quanto possibile, in accordo naturalmente con i direttori delle testate. Come biasimarli? In uno stato come il Messico, bisogna stare attenti alla propria vita più che alla verità. Forse Marisol non faceva questo tipo di riflessione, forse era una persona troppo avventata, forse per lei la scala dei valori e delle priorità era diversa. Sta di fatto che su Nueva Laredo en Vivo denunciava proprio i responsabili degli omicidi dei suoi colleghi, i gruppi di narcotrafficanti così numerosi e così pericolosi nel suo Paese.
Il corpo di Marisol è stato ritrovato lungo una strada di Nueva Laredo, nel settembre del 2011, dopo due giorni dalla scomparsa, orrendamente mutilato. La testa mozzata sopra il monumento a Cristoforo Colombo in una delle piazze più trafficate della città; il resto del corpo con anche la mano che usava per scrivere mozzata, a terra insieme ad un groviglio di cavi, tastiere e dischi, le sue armi del mestiere. Accanto, un biglietto. La firma è quella dei Los Zetas, il cartello della droga presente soprattutto nel nord e nel nord-est del Messico. Il testo è questo che segue: “Ok Nueva Laredo en Vivo e altri siti. Io sono Nena de Laredo [il nome che Marisol usava per firmare i suoi articoli web] e sono qui a causa dei miei reportage e dei vostri… Per quelli che non credono che quella che mi è successo sia collegato alle mie azioni, per credere nell’Esercito e nella Marina… Grazie per la vostra attenzione, la Nena de Laredo… ZZZZZ”.
La morte di Marisol doveva essere esemplare, dunque; il messaggio: denunciare uccide. Dal 2000 al 2011 i giornalisti uccisi in Messico per le loro indagini nel campo dello spaccio di droga sono stati 80. Marisol lascia un figlio e il vuoto di una nuova sconfitta del governo e della società messicana contro il potere dei Signori della droga. Perché il nostro ricordo possa come una goccia scivolare sopra quel vuoto ed attutirlo, Marisol verrà ricordata dal gruppo di lavoro DEAteatro l’8 marzo in “Oltre il reportage: scrittura e giornalismo”.
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