Boto è il nome comune con cui viene definito il delfino d’acqua dolce che popola i fiumi dell’Amazzonia. Da sempre l’animale occupa il proprio spazio all’interno dell’immaginario indigeno, ispirando nei locali un misto di odio e paura. Le leggende popolari brasiliane attribuiscono al Boto la capacità di assumere sembianze umane, grazie alle quali ingraviderebbe le giovani donne. Ancora oggi i pescatori nutrono una forte avversione verso il cetaceo che - affermano - farebbe loro concorrenza mangiando troppo pesce e danneggiando di proposito le loro reti. Ronan Benicio Rego, presidente della piccola comunità fluviale di Igrapé do Costa, ammette candidamente di aver più volte arpionato esemplari di Boto per pura antipatia. Di fatto, l’atteggiamento ostile dei pescatori ha provocato negli ultimi decenni una sostanziale diminuzione degli esemplari di Boto. Rego sostiene che tale comportamento sia dettato dalla necessità, ma dietro al massacro dei delfini sembrano esserci motivazioni meramente economiche. La carne dell’animale, in effetti, viene utilizzata come esca per catturare una particolare varietà di pesce gatto. Questo è poi venduto come genere alimentare pregiato sui mercati ittici colombiani, sotto la truffaldina etichetta di prodotto locale.
Miguel Miguéis, ricercatore presso l’Università Federale del Parà Occidentale, tiene sotto osservazione da anni la popolazione dei delfini fluviali nell’area di Santarém. Lo studioso sostiene che, se il massacro dei Boto dovesse proseguire a questi ritmi, la specie potrebbe estinguersi a breve. Nella vicina riserva naturale di Rio Trombetas, tra il 2009 e il 2011, i delfini sono passati da 250 a 50 esemplari. Per scongiurare il pericolo Miguéis sta cercando di convincere i pescatori locali ad utilizzare come esca la carne di maiale, ma fino a questo momento non ha avuto successo. In Brasile il Boto è una specie protetta e chi ne uccide uno è perseguibile per legge, rischiando fino a quattro anni di reclusione. Tuttavia le autorità governative hanno serie difficoltà a monitorare la situazione, per un mero problema di numeri: il personale addetto ai controlli è limitato, e l’Amazzonia da sola copre una superficie maggiore dell’intera India (fonte: New York Times).
La vicenda del Boto ha almeno un precedente illustre. La sopravvivenza del Baiji, cugino cinese del cetaceo, è stata messa a dura prova fin dagli anni ’80 a causa dell’inquinamento ambientale e dell’eccessivo sfruttamento dei bacini fluviali. La costruzione della Diga delle Tre Gole sul fiume Yangtze ha drasticamente accelerato il processo, tanto che nel 2006 l'animale era stato dichiarato estinto (fonte: BBC). L’avvistamento di un esemplare nel 2007 ha portato le autorità scientifiche a ricredersi, tuttavia l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura classifica la specie a rischio critico di estinzione (fonte: IUCN).
Federico Fragasso/DEApress
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