ALBERTO GANDOLFO - il fotografo dello scambio interculturale
Perchè hai scelto di fare progetti fotografici?
Ho iniziato a fotografare perché pur "usando la parola" ero stanco di stare in silenzio. Sono un giovane fotografo che ha deciso di orientare la propria ricerca personale soprattutto sul ritratto, perché credo che sia giusto dare voce a tutta quella gente che come me, per un po' di tempo, ha taciuto.
Sono nato a Palermo nel 1983 e molto presto ho iniziato ad interessarmi dell’arte contemporanea in tutte le sue forme, in particolar modo ho approfondito la fotografia.
Nel 2010, si manifesta il mio desiderio di imparare, così decido di iscrivermi ad un Corso fotografia, poi un Corso avanzato e a seguire ho approfondito il linguaggio fotografico.
Adesso, è diventata una passione, sopratutto la fotografia analogica, perchè mi porta in quella meravigliosa camera oscura dove l’alto contatto tra la foto e il creatore della stessa si fa semplicemente unico, regalandomi una grande emozione.
PARLAMI DEI TUOI PROGETTI
Queste sono solo alcune foto del mio primo progetto realizzato nel 2013. E' un lavoro seriale di cui questa prima immagine fa da copertina ed ha il compito particolare di introdurre il segno lasciato nel volto.
Il progetto si intitola "1, 2, 4, 5....volti".
Ogni ritratto è metaforicamente uno scambio intercultuale, simboleggiano la distrazione della gente e l'accanimento mediatico verso gli sbarchi dei clandestini, ricordando, appunto con queste foto, che Palermo è una delle città più multietniche d'Italia, così è sempre stata considerata nel corso degli anni, lo testimoniano le tracce che tutti i popoli vi hanno lasciato.
Il mio lavoro è una metafora: in ogni ritratto, con il particolare del segno, introduco un cambiamento nel volto dove si realizza uno scambio culturale che arricchisce il carattere, un valore aggiunto sulla personalità.
Il titolo viene da una storia e voglio raccontarvela:
Mi trovavo a Ballarò, un quartiere di Palermo, aspettavo che scendesse un giovane partecipante al progetto per andare a fare il suo ritratto. Guardavo un gruppo di bambini giocare, erano circa una dozzina e tutti rigorosamente di diversa nazionalità. Giocavano a nascondino e un ragazzo indiano contava saltando il tre, ovviamente tutti gli altri si lamentavano, inveendo contro di lui sulla sua scorrettezza. Decisi di chiamare questo progetto così, perché quei bambini erano esattamente il sunto di quello che stavo cercando di comunicare.
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Il secondo progetto è "Acqua Madre", qui di seguito ci sono una serie di foto dove vengono ritratte alcune mamme con i loro figli. L'acqua in cui sono immersi è il filo conduttore che va dalla gravidanza all’allattamento.
L'armonia e la centralità delle due figure immerse nell'acqua fanno un gioco di luci e ombre che si riflettono e abbracciano tutto il mondo cn una danza di leggerezza e semplicità.
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