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Festival della Letteratura Working Class 2024, secondo giorno: in marcia!

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E allora eccoci, stamane, a guardarlo coi nostri occhi il Festival, tra poesia operaia nelle fabbriche italiane degli anni Settanta e lo stato dell’arte della letteratura working class in Svezia, rigorosamente come da programma (che proseguirà nel pomeriggio con i panorami dell'area romanza prima e anglosassone poi, per finire con l’interessante tavola rotonda su editoria, classe operaia e lotta di classe).

Il piazzale antistante la ex-GKN si va riempiendo (e continuerà a farlo durante tutta la mattinata) mentre salgono sul palco Ferruccio Brugnaro, operaio del Petrolchimico di Porto Marghera e voce poetica chiarissima e riconosciuta del movimento, Giovanni Garancini che è stato il fondatore di Abiti lavoro, una delle riviste simbolo della crescita culturale all’interno delle fabbriche e tra gli operai del nostro Paese, e Sandro Sardella altro poeta operaio, co-fondatore di Abiti lavoro, che arriva dalla Piaggio-Gilera di Arcore («quando la città era famosa per la fabbrica, non per quell’altro che è arrivato dopo!») che hanno tratteggiato, ognuno a suo modo, una storia che a raccontarla bene si tinge di epopea e riguarda anni di lotte, «di lavoro del cazzo e vita di merda» (sempre Sardella) ma soprattutto di percorsi di appropriazione della propria voce, delle parole per capire chi si fosse e per dirlo al mondo, a chi la fabbrica la guardava da fuori ma anche al padrone e per usarle nel conflitto; parole di una consapevolezza nuova. La strada che raccontano fu lungamente accompagnata, in quegli anni, dalla presenza attiva e concreta di coloro che chiamavamo allora gli intellettuali organici (i nostri citano soprattutto Roberto Roversi e poco altro, a dir la verità) e quando alla fine arriva la fatidica domanda dal pubblico: «ma allora che fine hanno fatto? Chi e dove sono gli intellettuali oggi?», il mezzo secondo di imbarazzo è inevitabile: davvero, dove son finiti quelli che stavano se non propriamente dentro le fabbriche almeno accanto agli operai, gomito a gomito con le loro battaglie?ÂÂ È Garancini a spazzare la palla in tribuna: «ma no, ci sono ancora, son sempre là; forse oggi sono un po’ confusi e tendono a prendersi meriti che non sono loro». In realtà, palla in rete e fine del primo tempo; si va negli spogliatoi con nelle orecchie l’eco della potenza dei versi recitati dal palco, delle intonazioni delle voci, della “spoken word” con Sardella che chiosa ancora (sassolino nella scarpa ma bello grosso, chiaramente) sugli intellettuali che «ci hanno sempre snobbato perché forse in fondo pensavano che noi operai puzzassimo un po’ troppo». E si fa subito “salotto intellettuale”, così abbiam capito adesso dove son finiti. Gli intellettuali di oggi.

 

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Secondo tempo con gli svedesi e con un excursus davvero ricco sul panorama letterario working class del suo Paese da parte di Magnus Nilsson dell’università di Malmö che ha esordito spiegando come nel suo paese la letteratura operaia non è affatto una sottocategoria o una riserva indiana come da noi ma anzi sia perfettamente centrale e integrata nel dibattito culturale pubblico. Ha poi iniziato a percorrere la linea del tempo posizionando già nel secolo XIX la nascita di canti (non solo di lotta ma anche di orgoglio operaio, di definizione del proprio stare al mondo) e poesie come prime produzioni letterarie operaie, quando ancora romanzi e opere più ampie erano troppo ambiziose e difficili da maneggiare per la classe, per scrittori non-professionisti e che erano in molti casi anche autodidatti. Il ricercatore ha fatto notare come nella letteratura successiva la narrazione del conflitto sia stata centrale e fondativa: se negli anni '30 del Novecento la tradizione letteraria operaista si consolida, è nel secondo dopoguerra che si afferma una produzione molto critica con la socialdemocrazia svedese imperante che, pur garantendo benessere e buona redistribuzione, era vissuta come troppo stretta per le nuove lotte di quegli anni, soprattutto di taglio marxista. Dopo il riflusso degli anni Ottanta, che ha ovattato il mondo intero, agli esordi del nuovo millennio si è vissuta una sorta di new wave che ha influenzato le produzioni e gli autori più vicini a noi a cominciare dall’altro relatore, Henrik Johansson che ha raccontato soprattutto l’esperienza dell’associazione svedese degli scrittori working class, nata appositamente sia per un agire collettivo di fronte al mercato e ai suoi meccanismi ma anche come incubatrice di nuove voci, di difesa di un filone così importante della produzione letteraria del Paese nordico.

 

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Mentre ci si avvia ad affrontare le conversazioni del pomeriggio e poi i due reading serali - fino a che ce ne sarà - cuore e cervello sono già rivolti al corteo programmato alle 19.30 che attraverserà Campi per rimettere al centro del discorso la fabbrica, la vertenza ex-GKN e gli attacchi (o le colpevoli negligenze di chi è sparito dei radar dopo aver spergiurato sostegno e solidarietà) che sta subendo, ricordando anche le altre fragilità di questo territorio colpito solo pochi mesi fa, non ce lo dimentichiamo, da un’alluvione senz’altro catastrofica ma che non è mai, in questo Paese specialmente, frutto del caso…

Ci aspetta un buon pomeriggio; anche in marcia!

E una buona serata.

 

sera

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Ultimo aggiornamento ( Domenica 07 Aprile 2024 10:54 )  

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