Eccoci finalmente all'evento della giornata del Cantiere, l'esibizione del gruppo Roma Pop Percussion, tre (col quarto aggiunto) percussionisti, impressionanti per la bravura e la ricercatezza dei programmi. Il loro concerto, che hanno tenuta nella bellissima cornice del chiostro dell Fortezza (con un discreto freddolino quasi autunnale, stile vinel di basso) è stato nel segno della musica contemporanea, rispettando il canone sacro dell'idea del Cantiere, ovvero della sperimentazione e della ricerca formale. Per farla breve, Flavio Tanzi apre a sorpresa la serata, solista incredibilmente ispirato della significativa opera Roar di John Luther Adams, nel quale ha utilizzato, nelle sue sfaccettature più varie, il suono del gong con un continuum elettronico preregistrato. La consapevolezza di rievocare l'ombra di John Cage (a cui era ispirato il concerto) ha fatto si che di razionale ci fosse solo la struttura compositiva, mentre l'emotività suscitata da Tanzi è stata molto forte, fortissima. Per l'Ostinato di Giorgio Battistelli,sono entrati in scena anche Alessandro Di Giulio e Aurelio Scudetti ed insieme hanno reso palpabile il fantasma sonoro, aggrappandosi ad una base preregistrata, succedendo di volta in volta in un equilibrio di tempi e di cambiamenti, passando dal ternario al binario, al senario, al composto, in un continuum di colori, di sorprese, di cellule impreviste, previste, visionarie. Insomma la scrittura di Battistelli rende merito alla natura delle percussioni, recuperando il senso tribale, la conoscenza carnale e l'intrinseco significato sessuale che solo certa musica può emanare. Mettendo da parte la loro splendida tecnica, i R.P.P. hanno folgorato la notte estiva di Montepulciano, lasciando indelebile il segno della loro presenza. Continuando con Entre-Deux
di Geoffroy Durin (carico di significati emotivi e simbolici), è stata poi la volta dell'incredibile Trio di John Cage, vera forza della natura, sintetico, atipico, amusicale, antiaccademico, poco europeo, molto indiano, semanticamente affine solo a se stesso, così come è stato ascoltare l'altra composizione fuori programma, scritta per una serie di percussioni casalinghe (macchina da scrivere, caffettiera, tazze, etc, etc.) di parolandi e di meditazioni sul senso del tempo, non quello religioso certamente, ma quello spirituale. Dopo i brani di Lang e di Wenjing è stata poi la volta di Fuoco fatuo (finalmente una prima commissionata dal Cantiere) di Norberto Oldrini . Quando la classe non è acqua, quando la scuola della ricercatezza compositiva è reale, è difficile non rimanere affascinati dall'opera di Oldrini, fortissima, inerpicata sulle reti delle parole inusuali del tempo celeste, profondissima solo come chi sa di plasmare qualche cosa d'eterno, Fuoco fatuo è prezioso lavoro, sicuro e insostituibile, forse (dopo Battistelli e Adams) la vera sorpresa della giornata di lunedì del Cantiere spandig rewiew. Alla grande!
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