E' triste che in questa nostra Italia decadente sia necessario creare macerie per potersi fare la propria isola di pubblicità. E' triste come le macerie siano quelle della persona e dell'opera di Don Lorenzo Milani che, dopo 50 anni dalla morte è ancora oggetto per vari intellettuali di disturbo. Ed è così che su quotidiani nazionali ad alta tiratura e case editrici ad alto berlusconaggio si faccia la gara a demolire, perfetta icona di una non trascendenza di valori sia spirituali che morali. Quando si parla di Don Lorenzo Milani bisognerebbe innanzi tutto essere fuori da qualsiasi mischia, essere intransigenti ed essere soprattutto chiari con sè stessi e con il proprio mondo interiore. Accusarlo di omosessualità e di pederastia è come dire ad un barbone "guarda che la zuppa si fredda"! Distruggere quindi, usare Don Milani per il proprio sostentamento, per il sostentamento di scrittori, case editrici, quotidiani che creano ad arte di marketing e di stratagemmi di bassa psicologia un caso, utile, molto utile al proprio sostentamento. E' comodo ora alzarsi e dire la propria, è comodo usare ancora Don MIlani per farsi scudo dei propri limiti, dei propri fallimenti, delle proprie idiosincrasie. E' grave come nel nostro italico balletto tutto ciò passi come argomento da lotteria mediatica, da settimana enigmistica (con tutto il rispetto per la rivista), da gioco a chi è più e chi è meno. In tutto questo è quindi facile leggere l'incongruenza, la non appartenenza e la poca "fede" di chi tende a demolire, di chi usa una persona che non si può difendere da oramai cinquanta anni per farne proprio verbo, per farne proprio cibo di guadagno. In questa becera storia non esistono vincitori, non esistono vinti ma solo persone che probabilmente non hanno bene a mente cosa già in vita avesse dovuto subire Don MIlani. Ora dopo cinquanta anni sarebbe il caso di essere onesti, di scrivere ciò che è giusto e di non usare la sua persona, la sua opera come un mero tiro da fiera. Anzi il silenzio sarebbe il maggior rispetto e la maggiore comprensione del suo mandato terreno. A tutto questo mediatico mondo forse sfugge quanto Don MIlani fosse innamorato del suo credo, della sua passione. Probabilmente ciò che non è più fede, non è più passione e quindi, morto anche Pasolini, ci si inerpica su montagne rocciose ed impervie per parlare ancora di argomenti che possano essere utili solo a chi li crea, Sarebbe il caso di riflettere prima di scrivere, di usare chi non è più in vita, sarebbe il caso di smetterla di abusare e di violentare le memorie. Sarebbe il caso di rimpiangere chi ha provato a cambiare questa becera terra ma ottenendo ancora oggi il risultato di essere solo obiettivo di distruzione e di macerie.