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NON HAI PERSO LA VITA, PETTY, SEI STATA ASSASSINATA

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NON HAI PERSO LA VITA, PETTY, SEI STATA ASSASSINATA 
 
Cara Petty,
 
A distanza di mesi dalla tua morte è calato il silenzio sulla vicenda, come del resto è successo con Becky Moses e con le altre ragazze. Ma è giunto il momento di ricordare la tua storia, che si affianca a quelle di migliaia di giovani che, come te, di tratta muoiono.
 
E’ difficile ricostruire la tua vita, i dati sono pochissimi, l’interesse mediatico si è focalizzato sulla tua fine atroce e sulle conseguenze per le altre persone che vivevano con te. Si è ripetuto all’infinito che, mentre preparavi il caffè, è scoppiata una bombola del gas che ha provocato un incendio, la tua morte diventa quindi una tragedia di cui tu, in fin dei conti, sei l’unica responsabile. 
Capitolo chiuso. 
Eppure questa spiegazione non mi convince e spulciando la cronaca locale, quella dei giornalisti di provincia, che ogni tanto si recano sui luoghi e parlano con i testimoni, affiora un’ipotesi ben più tragica. 
Ti chiami Omowunmi Bamidele Adenusi e sei nata nel 1991 in Nigeria, a Lagos, che è la più grande città dell’Africa e la quarta al mondo per popolazione, dopo le megalopoli cinesi. Il tuo profilo Facebook elenca studi dalle superiori all’Università, ma dubito che abbia portato a termine una carriera scolastica una ragazza destinata al macello, e tanto più col primo figlio avuto a 14 anni e un altro poco dopo. La Nigeria che per secoli è stata implicata nella tratta degli schiavi, tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI ha fatto della prostituzione femminile un business in crescita. Anche del 600%.
Non lo so perché sei fuggita dal tuo paese, se è stato per il miraggio di una vita migliore, oppure se sei stata venduta, dalla tua famiglia o dal tuo uomo. Quello che è certo è che sei una delle migliaia di nigeriane che nel 2015 sono state cedute ai trafficanti di uomini, per compiere un viaggio difficile verso nord, 4.300 chilometri da Benin City a Tripoli. Un anno cruciale questo, che ha visto un esodo di massa e che ha portato migliaia di donne a tentare di raggiungere l’Europa. Intanto però la guerra civile libica si era inasprita, e per attraversare il Mediterraneo non rimaneva alle ragazze come te, che la via incerta del mare. Quanto tempo è durato il viaggio? Quali torture hai subito? Sei stata introdotta nella prostituzione già a Lagos, oppure in Libia? 
Nel 2015, a 24 anni, eri a Padova, dove affrontavi il solito iter burocratico: hai presentato la domanda per il permesso di soggiorno, la Questura l’ha respinta,  allora fai ricorso e attendi due anni e rimani nel limbo.  E’ difficile per le nigeriane ottenere la protezione umanitaria, in quanto la nazione non è in guerra né sembra un regime particolarmente repressivo. Le ragazze del tuo paese scappano dalla povertà e da una società violenta, da una criminalità radicata e diffusa nelle sterminate periferie. Ma sperare in un futuro migliore non è un diritto che in Europa si riconosca. Per questo le giovani come te, oltre ad essere vittime della tratta, risultano le più vulnerabili tra le migranti. Nell’impossibilità di essere inserite nei percorsi di accoglienza, le nigeriane diventano allora invisibili, completamente in balia dei loro sfruttatori, che esigono il pagamento del viaggio e le minacciano con violenze e con ritorsioni verso i familiari rimasti in patria. Fuggono da una schiavitù ma sprofondano in un’altra. E il cerchio si chiude.  
A Padova l’adescamento passa soprattutto attraverso i social. Un profilo da cliché su Facebook. Intanto un nome d’arte hollywoodiano, Eris Petty Stone, poi un’educazione di tutto rispetto fino alla laurea, infine una bella presentazione. Eccoti sorridente con i ritocchi da coniglietta, una faccia da ragazzina, per clienti desiderosi di giochi; ma ti mostri anche sensuale, come una pantera, con la cascata di riccioli neri e quel crocifisso brillante sulla maglietta nera attillata. Per tutti i gusti. Tra i tuoi preferiti I Belong to Jesus, che sui bigotti del nord Italia fa tanta presa. 
Dopo il no definitivo della Questura di Padova si interrompe l’esperienza veneta e ti trovo, nel 2017, in Basilicata. Sicuramente un destino deciso dai tuoi boss, con la complicità delle “mama”, che collaborano nello smistamento e nello spostamento delle ragazze. Sempre lo stesso lavoro, ma stavolta nell’inferno di Felandina, a Metaponto: una regione agricola, dove lo stato è debole ma è forte il potere della criminalità organizzata. E la domanda sessuale è altissima, soprattutto sulla riviera ionica. Il compenso delle donne al sud vale la metà, si passa dai 20 ai 10 euro a prestazione, e si lavora giorno e notte. 
A Felandina vivevi in una delle baraccopoli più vergognose d’Italia, dove centinaia di migranti dormivano prima di partire per la raccolta di frutta e ortaggi. Un lavoro massacrante, per pochissimi soldi e nessuna garanzia. La mafia locale, la sacra corona unita, gestisce lo sfruttamento dei migranti e della prostituzione; le donne lavorano nei campi durante la stagione ed anche nella strada, dove la domanda non cala mai. E in questi ghetti, senza servizi, invisibili agli occhi della società civile, i lavoratori sono sottoposti anche alla mafia africana, i boss fanno da intermediari tra gli Italiani e gli esseri umani nelle loro mani. Anche nel lager dei migranti si paga il pizzo, per tutto, una gerarchia feroce stabilisce ruoli e doveri. Le ragazze servono a soddisfare anche gli uomini che vivono nel ghetto e sono sottoposte ad ogni tipo di vessazione. Petty, eri conosciuta per essere una ragazza che non si piegava facilmente e dopo due anni non tolleravi più quella vita. Ma il tuo atteggiamento ribelle non è piaciuto, e qualcuno ha deciso il tuo destino. Tutti sanno, ma hanno paura di parlare. Eppure qualcuno apre uno spiraglio e rivela che tu, all’inizio di agosto, avevi avuto l’ennesimo scontro con il capo di Felandina, che non accettavi più di sottostare a quelle imposizioni e che ti eri organizzata per lasciare quell’inferno. Saresti andata a Napoli, da amici. La tua ribellione non poteva essere ignorata, doveva avere una punizione esemplare, sotto gli occhi di tutti, per scoraggiare eventuali ulteriori rivolte. 
Di lì a pochi giorni quella baraccopoli sarebbe stata sgombrata ma, onde evitare che tu ti liberassi e facessi i nomi, è stato pianificato il tuo assassinio: alle luci dell’alba, quando dormivi dopo una notte di lavoro e gran parte degli uomini era già nei campi. 
Ti hanno appiccato il fuoco addosso, sei uscita dalla tenda come una torcia in fiamme, allora è scoppiata una bombola di gas e l’incendio si è propagato. Solo tu sei rimasta uccisa. Gli altri, tornando, hanno constatato con sgomento la devastazione. Il campo era completamente distrutto, Andati in fumo i pochi averi e anche i preziosi documenti e permessi di soggiorno, che lanciavano di nuovo  nella clandestinità anche coloro che avevano raggiunto un debole status giuridico. Centinai di giovani, di nuovo, e più che mai, nelle mani delle mafie, africane e italiane. 
I mass media hanno derubricato il fatto come l’ennesima tragedia nei ghetti dove vivono i migranti,   le indagini vertono nel chiarire se sia scoppiata prima la bombola del gas o la macchinetta del caffè, si prospettano le soluzioni al problema, che si focalizzano unicamente nello sgombero. Via i migranti, ma via dove? Semplicemente si spostano da una zona all’altra, per esempio a Rosarno, dove in breve si tornano a ricostruire le dinamiche perverse dello sfruttamento, che in fin dei conti è un fatto naturale, perché abbiamo bisogno che nei nostri supermercati pervengano merci a prezzi vantaggiosi. Ancora oggi il nostro governo discute se si debba regolarizzare i migranti, e poi si tornerà a chiudere un occhio sulle loro condizioni di vita e sui diritti lavorativi. 
Petty, la storia si ripete. Avevi saputo che Becky Moses, dopo una lite a San Ferdinando, era finita carbonizzata a dicembre 2018? Nessuno sta espiando per quella “tragica fatalità”. Sono uccisioni che rimangono impunite, e forse Petty tu non hai valutato fino a che punto stavi rischiando. Bisogna invece ricordare che si tratta di di omicidio del lavoro, ma che in questo caso non avrà risarcimento. Ne’ lo  potranno chiedere i tuoi figli, perché la professione che svolgevi non è legale, perché identificare il tuo assassino, significa mettere in luce le responsabilità di molti, dei sistemi di produzione delle economie italiane.  Il tuo corpo riposa nel cimitero di Bernalda. Le malelingue dicono che i tuoi figli non hanno voluto rimpatriarlo, per il disonore di una madre prostituta. Alla disgrazia si aggiunge il disprezzo, altro terribile stratagemma per minimizzare quello che è accaduto.  Ma chi crede che degli adolescenti potrebbero sobbarcarsi delle spese del trasporto? Il loro amore verso di te si evince dai social, tua figlia è precipitata in un tragico destino. Ha14 anni, ma non va più a scuola e la foto del profilo mostra un volto smagrito, con gli occhi cerchiati, con le mani da bambina che aprono una cortina di treccine finte color fuxia. Adesso tocca a lei sprofondare nel baratro. 
Tutti i sindacati hanno chiesto al sindaco di Bernalda di proclamare il lutto cittadino, ma questo non è stato concesso, perché avrebbe stonato con la programmata festa patronale. Allora diverse associazioni hanno promosso marce e tavole rotonde, ma il caporalato ignora queste iniziative e continua indisturbato lo sfruttamento dei migranti.  Senza quella forza lavoro la nostra società si fermerebbe, non importa se questo prezzo lo si debba pagare con la vita. 

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Ultimo aggiornamento ( Giovedì 07 Maggio 2020 21:13 )  

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