Il titolo proposto per questa settimana è il lavoro di Kike Ferrari "Da lontano sembrano mosche" edito da Feltrinelli.
L’Argentina non finisce di stupirci nel proporre autori che non può non far piacere leggere quanto scrivono.
Kike Ferrari con il suo “Da lontano sembrano mosche” rientra tra questi. Ci troviamo nell’Argentina post dittatura ed anche post crisi economica, ma che di quei periodi si porta dietro tutto il negativo. Ostentare il proprio potere economico attraverso una vita fatta di cocaina, viagra, nell’umiliare e tradire la propria moglie, nell’avere donne da usare per i propri “bisogni” sessuali, nell’avere come guardiaspalle un ex poliziotto torturatore, per il quale anche l’omicidio è un servizio come tanti altri, nel piegare le volontà altrui alla propria ed una BMW da 200.000 dollari per far si che negli altri, solo definibili pezzenti, si produca non solo stupore ma piuttosto invidia.
Ma il Sign Machi, un nuovo ricco coinvolto nelle sparizioni dei sovversivi dalla sua fabbrica tessile, deve fare i conti con la realtà ed una realtà ben diversa da quella vissuta e che nel momento in cui una ruota della sua bmw si buca la normalità quotidiana, considerata ridicola, si vendica, ed il suo stile di vita, per cui gli uomini d’affari, onesti o sporchi che siano, hanno rivali e non nemici, che benedice le regole dell’economia di mercato, cambia drasticamente. Rivali, sudditi e tutti gli altri che stanno ai margini divengono potenziali nemici.
Nel baule della macchina un cadavere, parola che il Sign non riesce a pronunciare al cui posto dice “quello”, e quattro interrogativi senza risposte accettabili: dove, chi, come, perché. Causalità o complotto? Ogni risposta solleva nuove domande annullando di conseguenza le precedenti.
Quando, a fatica, ritiene di aver sistemato quanto pareva andare a rotoli, l’incubo ricomincia.
Un noir che, se in questo caso non ha colpevoli identificabili ed identificati, ha un colpevole ben chiaro: lo status quo strafottente ed arrogante. Il marciume di una società che scivola verso il baratro, una società che precipita in un piano inclinato, un precipizio senza fine.
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