Di notte nella provincia occidentale - Giovanni Iozzoli - Ed. Artestampa
Nonostante siano passati due anni dall’uscita del libro “Di notte nella provincia occidentale” ritengo giusto scriverne alcune cose a riguardo. Anche in questo caso ci troviamo ad avere a che fare con Giovanni Iozzoli ed i suoi temi di stringente attualità. Prima di questo “I BUTTASANGUE“, morti bianche e contraddizione capitale/lavoro; dopo “ L’ALFASUIN “ in cui gli schiavi/lavoratori finalmente alzano la testa scandendo il tempo della rivolta. Con “Di notte nella..“ abbiamo a che fare con due famiglie a confronto, anzi per l’esattezza due modi di vivere, due realtà sicuramente diverse che si incontrano. Ma a mio avviso si va oltre a quanto scritto e si va direttamente alla messa in discussione di un pilastro fondamentale delle società, di tutte le società. La famiglia. Se vogliamo attenersi ad una concezione materialistica ciò che è messo in discussione è la famiglia come riproduzione della specie.
Le istituzioni sociali entro le quali gli uomini di una determinata epoca storica e di un determinato paese vivono sono condizionate dallo stadio di sviluppo del lavoro, da una parte, e della famiglia, dall'altra. In questo libro ci troviamo ad avere a che fare con due famiglie a confronto: una radicata e conosciuta nel territorio, Modena, con Pasquale uomo semplice e pratico abituato ad assumersi le proprie responsabilità, storicamente avanguardia sindacale riconosciuta e stimata, 27 anni di rappresentante nel Consiglio di Fabbrica. I primi dubbi sul proprio ruolo di padre, i primi sensi di colpa, cominciano ad affiorare quando ritiene che il proprio figlio, Gabriele, sia approdato verso ideologie che lui ha sempre osteggiato, cioè ideologie basate sulla discriminazione, la sopraffazione, l’arroganza, l’egoismo ecc … : l’ideologia fascista. Un padre che non è riuscito a trasmettere i valori con cui lui è cresciuto. Dubbi e sensi di colpa che si rafforzeranno quando, Pasquale, capisce che Gabriele ha abbandonato al famiglia e quindi i suoi sogni sono infranti e le sue certezze si trasformano in illusioni sconfitte. Un padre che non solo non sa più esserlo ma si domanda, a ragione, che fare quando qualunque relazione salta e l’indifferenza reciproca è l’unico rapporto possibile anzi l’unico livello di comunicazione esistente. Pasquale che si trova a confrontarsi anche con i desideri di emancipazione, di riscatto, della voglia di far emergere un protagonismo sempre represso, della moglie. Una moglie che non ne può più della vita di fabbrica, che rifiuta la morale lavoristica.Pasquale fino a che punto è un freno per le aspettative della moglie che si vuole emancipare da una vita ripetitiva, monotona e quindi stancante. L’altra famiglia, che ha il suo riferimento in Mustafà.
Un riferimento che viene messo in discussione dagli eventi che si sviluppano grazie al contesto del vivere quotidiano come ad esempio la radicalizzazione dei giovani immigrati, ormai a tutti gli effetti italiani. Karim, il figlio che diviene, forse, foreign fighter. Mustafà, immigrato di prima generazione, che ha l’etica del lavoro come passaporto per essere accettato, lui e la sua famiglia. Che è necessariamente obbligato a tenere in considerazione il modo di porsi del figlio Karim e dei suoi NO (al padre autoritario; alla scuola “ pallosa “; ad un’identità, un modo di vivere ed un’integrazione imposta; al non sentirsi compiutamente italiano) il tutto sintentizzabile in frase eloquente “Non so cosa sono ma è NO “. Mustafà che semplicemente dice cosa è la guerra senza aver bisogno di manuali di geopolitica. Mustafà e Karim, la prima generazione immigrata e la seconda che si affaccia anche in Italia, ma stranieri per sempre nel paese in cui vivono, sono nati o cresciuti . Quando tutto precipita, emergono i fattori che uniscono i due padri : - dalla fabbrica di riferimento , con il padrone buono, comunista, che “ si è fatto da sé “, in cui uno vi ha lavorato per poi aprire una propria attività e l’altro vi lavora e conduce lotte contro ristrutturazioni e delocalizzazioni; - dallo scontro generazionale con i propri figli ed alla crisi d’identità rispetto al loro ruolo; - una vita decentemente normale messa a soqquadro da valori ed ideali completamente diversi; -fallimenti familiari che hanno come effetti indesiderati figli che sono perfetti sconosciuti; - vite fallite, banali,piccole e mediocri. Sullo sfondo di tutto questo, la disillusione operaia, le periferie da “ riqualificare “, intermediatori d’affari pronti ad azzannare le prede che la crisi colpisce inesorabilmente.
Un libro che possiamo definire sul malessere presente.
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