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Castelsaraceno, un ponte tra i due Parchi

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Nell’Italia di chi ruba, di chi tiene il pacco e di chi fa il palo ecco irrompere l’estetica pulita delle tradizioni lucane.
Come vuole l'art.9 della Costituzione italiana, la diligente regione Basilicata (capeggiata dal non certo intoccabile Vito de Filippo) si organizza per la valorizzazione del suo territorio. In regia, comitato di Coordinamento e Monitoraggio del Programma Operativo Val D’Agri Melandro Sauro Camastra,  Sovrintendenza per i Beni e le Attività Culturali e Paesaggistiche della Basilicata, l’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata.
Nessun comizio, niente elezioni in agguato, tranquilli!
Una Basilicata che crede nelle sue risorse entra in scena per far parlare di sé.
Non mi riferisco a quelle risorse che interessano tutti, quelle meno appariscenti, i giacimenti petroliferi della Val d’Agri da cui Giunta Regionale e cittadini acchiappano solo contentini dall’Eni.
Un mesetto fa, quindi 7, 8 e 9 Dicembre, in “Attrazioni fatate”, amministrazioni comunali e cittadinanza di Sasso di Castalda, Aliano e Castelsaraceno – supportati dall’eccellente direzione artistica de “L’Albero, tutti i rami della creatività” – si ingegnano per la promozione di tre grandi attrattori.
Rispettivamente, “Sospesi sull’arenazzo”, “Vivere i calanchi”, “Un ponte tra i due Parchi”, finanziati dalla Regione Basilicata.
Il percorso è tripartito nell’ordine sopra elencato anche per un pullman di giornalisti che su Corriere della sera, Repubblica, Sole ventiquattro ore, La Nazione e altre carte stampate stileranno le loro recensioni sull’evento. L’importanza che assumerà l’iniziativa deriverà, certo, soprattutto dall’eco che sarà capace di disegnarsi intorno.
Spesso l’ammirazione della bellezza è presupposto indispensabile per scopi altri, funzionali e concreti. Parlo di attuare potenzialità essenzialmente turistiche, svelare le possibilità di un settore terziario a portata di mano.
La domenica erge a protagonista un antico borgo dall’ambigua origine.
Tuttavia, che sia stato costruito a vedetta contro gli intraprendenti saraceni o dai saraceni stessi nel 1031, poco importa di fronte a un paesaggio montuoso dalla configurazione mozzafiato.
Tali lineamenti mi esemplificano ciò che Kant intende quando parla del sublime.
A 1000 metri sul livello del mare, il punto nodale del Parco Nazionale del Pollino e dell’Appennino lucano Val d’Agri Lagonegrese si chiama Castelsaraceno.
In una fortezza arroccata nel clima gelido di un sistema di comunicazione stradale difficilmente praticabile, i castellani si immergono nell’atmosfera surreale del passato recuperato: mercatini di natale e uno spettacolo itinerante di cui è la tradizione locale a scrivere il vero copione.
Racconti di storie antiche, (ri)scoperte. È da lì che i castellani partono.
Nel domicilio del centro storico, cinque tappe recitate a ripetizione per sette gruppi formati da venti persone e una guida che scandisce il tempo del percorso con la scia di un mantello nero e una pergamena istruita.
Tra le tre serate, ventuno “ciak si gira” in nove ore.
Con i testi di Valentina Tramutola, Raffaele Fiore, Vania Cauzillo e Cristina Palermo, castellani e non narrano del rito della Andenna, della tradizione del Carnevale e, con la prepotente eleganza di una principessa tinta di blu, di quel ponte tibetano che si librerà, a 850 metri sul livello del mare, all’interno di una gola formata dai monti Raparo e Castel veglia. In progetto, il ponte tibetano più lungo d’Europa.
Il meraviglioso monologo di quest’alone fiabesco lascia tutti a bocca aperta, tanti Romeo, “viandanti del futuro", ai piedi di una scala incasellata in un’architettura toponomastica dagli spazi angusti.
Quella Giulietta che ci parla dal futuro è la gentile e convinta speranza che un percorso che si distenderà in funi a pluricampata darà l’input a unosviluppo economico-culturale, a partire dalla fiducia in una mentalità imprenditoriale disposta all’investimento. Il tutto, si spera, non nei tempi del C'era una volta la Salerno-Reggio Calabria.
Gli ingredienti per la buona riuscita della serata ci son proprio tutti (pure qualche fiocco di neve!),  nonostante il defilato, tipico – direi, genetico – dubbio verso la novità. Di fronte all’iniziativa, a prescindere. Ecco, alcuni castellani cadono in quello che è il principale peccato di Anna Karenina: il dubbio. Il principale, sull’utilità futura e l’agente che organizza.
Comunque, tra gli indovinelli di un quartetto di capelli bianchi, l’intimità rustica del focolare domestico, un matrimonio in flash back e il fascino della magia bianca al confine con l’omeopatia, si festeggia la fertilità di natura, miti rituali e storia.
E' l'importanza di scendere in campo tutti, senza riserve.
Tra via Solferino, via Rattazzi, via Leopardi, Torre Saracena e piazza Madonna D’Anglona, il procedere geniale che la naturalità dell’esecuzione si trascina dietro. Si recita, sì, ma solo nei panni di se stessi, cittadini castellani.
Conclude il trio Ethnos in concerto nella sala consiliare del Comune, in Piazza Piano della Corte.
Una percezione del mondo che si basa sulla metafora del passato, proficua apertura al futuro.
Il Sud che trova da solo le soluzioni, che non aspetta.
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Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 30 Settembre 2015 12:18 )  

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