Dopo giorni in cui si dibatte del grave problema del sovraffollamento delle carceri in riferimento al diffondersi della pandemia, ieri all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna è morto per coronavirus il primo detenuto in Italia. Si trattava di un cittadino italiano di 76 anni affetto da altre patologie.
Al momento sono caduti nel vuoto gli appelli del Papa, del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute e della UilPa, sindacato di polizia penitenziaria, ad intervenire subito nelle carceri per evitare che lì si diffonda il virus.
Parliamo, come tutti sanno, di ambienti chiusi e sovraffollati, dove riuscire ad adottare le misure precauzionali di sicurezza è praticamente impossibile.
Le persone oggi detenute in Italia presso istituti penitenziari sono 57.405 a fronte di 48.000 posti disponibili.
Il rischio per i detenuti e per gli addetti al sistema penitenziario è altissimo, sottolinea Gennarino de Fazio della UilPa, ed è necessario altresì evitare che dal carcere possano svilupparsi i così detti contagi di ritorno, che potrebbero far precipitare la situazione in tutto il Paese. Lo stesso de Fazio ha espresso il timore che il contagio nelle carceri possa essere nascosto ed in pieno sviluppo.
Si tratta in sostanza, di due mondi strettamente connessi ed intercomunicanti e di questo bisogna essere consapevoli come anche, prima di tutto, che la vita umana ha lo stesso valore ovunque e per chiunque e che essa va difesa con tutti i mezzi.
Sempre la UilPa invoca che sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri ad assumere pro-tempore la gestione diretta delle carceri, almeno sino al perdurare della emergenza sanitaria.
Fonti: Repubblica e L’Unione Sarda.it del 02.04.2020
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