Ieri Mattarella e Macron hanno avuto un colloquio telefonico per tentare di risolvere il braccio di ferro che ha avuto luogo nei giorni scorsi tra i governi di Francia e Italia, sulla questione della distribuzione dei migranti. Dalle note del Colle e dell'Eliseo, a dirla tutta, emergono comunicazioni "istituzionali" e abbastanza retoriche: si parla dell'importanza delle relazioni tra i due paesi e di una completa collaborazione per la soluzione della questione. Nonostante questa vaghezza, si spera che questa chiamata sia il primo passo per trovare una via d'uscita, e che l'intervento del Capo dello Stato, possa, come in passato, mostrarsi risolutivo.
Tutta la controversia, però, dimostra chiaramente la fragilità della tanto decantata "solidarietà europea", sempre messa in secondo piano rispetto ai problemi di politica interna.
Da una parte, abbiamo l'Italia, dove il governo Meloni ha bisogno di trovare consenso e legittimazione presso il proprio elettorato, e dunque ricorre alla vecchia propaganda della destra, trovando nei migranti e nelle ONG un capro espiatorio su cui mostrare facilmente forza e sicurezza e impiegando la retorica del "non possiamo accoglierli tutti noi" (quando, dati alla mano, paesi come Germania e Francia ne accolgono, in proporzione, molti di più). Dall'altra abbiamo la Francia, dove il governo Macron ha dato segno, ancora una volta, del suo progressivo scivolamento a destra: dopo aver promesso di accogliere le ONG respinte dall'Italia, cercando anche di accaparrarsi una sorta di "superiorità morale", la rivolta delle opposizioni (LePen in testa) e del Ministro dell'Interno ha provocato un improvviso volta faccia, con l'interruzione delle ridistribuzioni previste e la chiusura del confine di Ventimiglia.
Ci preme sottolineare come questo scontro sia ancora una volta giocato sulla pelle dei più poveri e degli emarginati, usati come vere e proprie pedine per ottenere consensi e dimostrare forza. Finché non si darà un vero e proprio sistema di collaborazione europea, si avranno questi battibecchi tra i paesi dell'Unione, che non portano ad altro che a una maggiore sofferenza di persone che già sono in una condizione misera, scappando da guerra e povertà.
Come abbiamo scritto altre volte, noi pensiamo che il nostro paese debba assumere coscientemente il suo ruolo di "ponte sul Mediterraneo", sapendo anche che la maggior parte dei migranti non vogliono stabilirsi in Italia, ma cercano di raggiungere paesi come Francia, Germania e Regno Unito, più ricchi e pieni di opportunità del nostro. Ciò non vuol dire, naturalmente, ignorare le ipocrisie sul tema degli altri paesi, ma significa riconoscere che ogni ridistribuzione, ogni trattato ed ogni patto deve essere fatto dopo il salvataggio e la messa in sicurezza di queste persone che, ricordiamolo, hanno affrontato viaggi che passano da paesi come la Libia (dove si trovano veri e propri campi di concentramento, in parte finanziati con i soldi italiani ed europei) oppure, citando una tratta passata ultimamente in secondo piano, ma ancora molto attiva, hanno percorso la cosiddetta rotta balcanica, teatro di innumerevoli violazioni dei diritti umani posto proprio nel cuore di Europa.
Ed è qui il punto: se la superiorità morale dell'Europa risiede nella democrazia, nella difesa dei diritti umani e nella solidarietà, non possiamo permettere che ai nostri confini si consumi tale tragedia. Dobbiamo prenderci responsabilità, come continente e come Unione, di questo evento epocale, che non può essere fermato come per magia e che nessun paese può affrontare da solo. Occorre organizzazione e chiarezza. Occorre creare una rete di politiche e di ridistribuzioni capillari. Occorre combattere contro tutte le retoriche della "invasione", false e meschine, che non fanno onore al rispetto dei diritti che l'Europa si è posta come obiettivo fondamentale, affinché ciò che oggi è visto come un problema possa diventare una risorsa, ed accrescere la ricchezza, l'umanità di tutti.
Share |
< Prec. | Succ. > |
---|