WILLIAM E. SMITH: PITTSBURGH, IL LABIRINTO IMPOSSIBILE
Viaggio alla scoperta della “Rinascita” americana degli anni ‘50
Gilles Mora, direttore artistico del “Pavillon Populaire” di Montpellier, esperto di fotografia e autore di numerose monografie dedicate ad alcuni dei più celebri fotografi americani contemporanei, in collaborazione con il comune, è l’ideatore dell’esposizione fotografica “William E. Smith: Pittsburgh, l’impossible labyrinthe (1955-1958)”.
La mostra, visitabile fino al 3 giugno, apre un interessante scenario su uno dei fotoreporter statunitensi che più di altri ha influenzato le tecniche del fotogiornalismo moderno attraverso le sue pubblicazioni dal 1947 al 1955 sulla rivista “Life”.
Il progetto “Pittsburgh” di Smith, già parzialmente pubblicato nel 1958, trova oggi, a distanza di decenni, il riscatto di quello che è stato definito un “échec magnifique”-fallimento magnifico- consegnando al pubblico un’esposizione completa e di alto valore qualitativo.
Le fotografie esposte al Pavillon Populaire riuniscono gli scatti che, attraverso l’obiettivo della camera da presa di Smith, raccontano la storia della città di Pittsburgh della seconda metà degli anni ’50, anni della cosiddetta “Rinascita” durante i quali la metropoli statunitense è protagonista di un imperante sviluppo economico e urbano che segnerà il passaggio dalla “vecchia” alla “moderna” società.
Un cambiamento che trasformerà radicalmente il volto della città e del quale Smith vorrà esserne il testimone oculare restituendoci una panoramica completa e dettagliata dei fenomeni sociali ed economici di quegli anni. Un’ambizione che lo porterà a realizzare più di 1700 fotografie e ad alimentare quel sogno mai realizzato di veder riunite in un’unica pubblicazione il suo “échec magnifique”.
Colpito da un esaurimento nervoso e da grossi problemi finanziari Smith si troverà costretto ad abbandonare il suo sogno e nel 1958 si limiterà alla pubblicazione di un centinaio di fotografie su una rivista amatoriale.
Un sogno riportato oggi alla luce che restituisce a Smith tutto il merito di averci lasciato una testimonianza completa della città del carbone e dell’acciaio degli anni ’50.
Le fotografie riunite in dodici gruppi, ciascuno dei quali rimanda ad un tema centrale del mutamento della geografia e della comunità di Pittsburgh, rappresentano frammenti di vita passata che per mezzo della potenza conservatrice, evocativa e comunicativa dell’arte della fotografia, sono giunte fino ai giorni nostri svelandoci i tesori gelosamente custoditi in quegli scatti.
Studi architettonici, ambiente, distruzione e costruzione, vie di comunicazione, forze economiche e commercio, opposizione tra classi sociali, rituali sociali ed etici, infanzia, segni e nomi di strade, rappresentano alcune delle principali tematiche immortalate dall’obiettivo di Smith.
La fotografia “Operaio di un’acciaieria con occhiali di protezione” è forse una tra le più suggestive catapultandoci all’interno di una realtà quasi surreale, di quegli uomini che attraverso il loro duro lavoro, diventano i personaggi di un mondo infernale fatto di polvere, del rumore assordante delle macchine di lavorazione, di scintille e di fatica.
Se la fabbrica è il simbolo della produzione economica ma anche di una società classista, le banche rappresentano l’apice della piramide sociale. Vere e proprie cattedrali di una religione fondata sul denaro, protette da grandi ed alti cancelli emblemi di una barriera sociale invalicabile.
W. Eugene Smith. Untitled, 1955-56. © The heirs of William Eugene Smith
Ma il boom economico degli anni ’50 è simboleggiato anche e soprattutto da un crescente consumo di massa incentivato dalle grandi campagne pubblicitarie di cui Smith ne riporta la potenza comunicativa e persuasiva. Grandi cartelli pubblicitari invadono le strade della città, nascono i grandi magazzini che gradualmente sostituiranno le piccole attività. I simboli e le icone delle principali aziende produttrici di beni destinati al largo consumo rimangono impresse nella mente dei consumatori alimentando un sistema di cui ancora oggi si seguono le tracce.
La grande insegna luminosa della “Coca-cola” e ancora, l’immagine di una coppia unita in un tenero abbraccio dopo aver acquistato in un celebre magazzino, ne sono un’evidente testimonianza.
Ma la vita degli abitanti di Pittsburgh ci è raccontata da Smith anche attraverso una serie di fotografie d’atmosfera che egli stesso definisce moody picture e che aprono uno squarcio sui costumi più ludici e sensuali di questa comunità: feste notturne, coppie di giovani innamorati, il carnevale del 1955, fiere e chioschi lasciano intravedere una popolazione in festa, allegra e vivace.
Tra i vari temi proposti dal fotografo americano c’è anche quello dedicato all’infanzia vissuta dai suoi piccoli protagonisti in relazione alla classe sociale d’appartenenza, come a rimarcare le divisioni del mondo capitalista. Smith, nell’esplorare i quartieri più periferici e quelli del centro cittadino ci mostra, associando humour e riflessione, le differenze all’interno dei diversi gruppi attraverso i giochi dei bambini: l’immagine di una bambina che tiene al guinzaglio il suo coniglietto bianco, le feste etniche, bambini che giocano per strada e che trovano piena soddisfazione arrampicandosi su di un lampione.
W. Eugene Smith. Dream Street, 1955 © The Heirs of W. Eugene Smith
A conclusione di questo affascinante e coinvolgente racconto attraverso le immagini di un’epoca ormai lontana Smith colloca il suo obiettivo sui nomi delle vie e delle strade della città che rispecchiano i codici culturali di quegli anni. “Climax Street”, “Dream Way”, “Loyal Way” racchiudono in sé tutto il fascino e l’incanto di una società, quella americana, che non ha mai smesso di inseguire quel sogno che ancora oggi è parte integrante dell’immaginario collettivo della società d’oltreoceano.
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