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Poeti arabi in Sicilia - Hasan Attyia al Nassar

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Ho ritrovato nel nostro archivio nel numero della Rivista DEA anno IX Numero doppio del 1999 un articolo di Hasan fatto con la mia collaborazione:

 

Segnaliamo il testo che, già da una decina di anni, viene consigliato dai librai, ogni volta che un cliente particolarmente curioso e dotato di spirito di iniziativa, chiede di leggere della "poesia araba". Come spesso  ricordato, in Italia vengono tradotti pochissimi paoeti arabi e, se lo si fa, non si traduce direttamente dalla lingua originale, ma dalla sua versione in inglese o francese. Speriamo che questo stato di cose possa cambiare, anche grazie ad avvenimenti come la recente attribuzione del premio Nonino al poeta Adonis, attribuzione che, avendo suscitato interesse negli ambienti editoriali e letterari, forse contribuirà a sbloccare questa situazione di stallo. A questo proposito, anticipiamo che nel prossimo numero di "Semicerchio" recensiremo, proprio di Adonis, il "Libro delle Metamorfosi", edito dalla Fondazione Piazzolla.

L'operazione di questo volume della collana mondadoriana dello "Specchio", è stata di affidare a poeti italiani contemporanei antiche poesie dei poeti arabi che vissero ed operarono in Sicilia durante la denominazione dei loro popoli su quest'isola, perché ne dessero una versione più moderna e personale, pur cercando di rispettare il testo. Non si tratta quindi di "traduzione" ma di "versioni" fatte da poeti che in realtà l'arabo non lo conoscono. Generalmente iniziative del genere ci lasciano piuttosto perplessi, anche se il risultato ottenuto in questo caso è gradevole e interessante, soprattutto per chi non sia un accanito filologo e per chi non cerchi un'esatta corrispondenza tra il testo arabo e quello italiano che spesso "stravolge" l'originale. Nonostante le libertà, i temi restano quelli tipici della poesia araba di quel periodo, e molte delle versioni sono davvero belle.

Il volume si apre con uno scritto di L.Anceschi (pp. IX-XXI) che, dopo aver analizzato il termine "antologia" nei suoi plurimi aspetti e motivazioni, sottolinea che il lavoro svolto dalla curatrice-promotrice Corrao "vuole essere un'antologia del meglio ma inteso e rivissuto in una luce vivacemente accesa; e se, da un lato, vuole essere un recupero di un mondo pressoché dimenticato dai lettori interessati e riscattare qualche tono perduto alle ragioni del nostro gusto; dall'altro mostra la forza di una poesia nuova, capace di mettere in luce segreti a lungo e forse sempre occultati in un passato dimenticato. E' un esercizio prezioso degli studi, e nello stesso tempo e qualche cosa che conferma con forza che il discorso della poesia in Italia è ricco, coinvolgente, animato (pag. XI)".

L'anialisi di Anceschisi occupa dei rapporti tra poesia araba e intellettuali e europei, per passare poi, citando più volte il nome di Adonis (cosa che ci rende felici ma non fa altro che sottolineare come non si conoscano gli altri grandi della poesia araba), all'interesse che i poeti italiani interpellati hanno dimostrato per questo tipo di "rivisitazione" e al porsi, finalmente, l'inevitabile domanda e la giustificativa risposta: "Sarà lecito vedere il tradurre come un particolare genere letterario, e propriamente come tale soggetto a un movimento vivacissimo e continuamente mobile delle proprie strutture? Per questa via si dichiara una fertile gamma - vogliamo dire una fenomenologia? - delle forme, delle possibilità, anche delle funzioni che, tutte insieme e nei loro rapporti, tessono una trama complessa, tale da mostrare una ricchezza inesauribile di risorse di utilità, di esiti. Le traduzioni che Francesca Corrao ha con pazientissimo lavoro sollecitato, e propone qui, rappresentano un sottogenere particolare e prestigioso: le traduzioni dei poeti dai poeti, non senza aspetti particolari sui quali conviene indugiare. I poeti nel nostro caso, suppongo, traducono una lingua a loro ignota, si servono di traduzioni intermediarie filologicamente molto grantite,e mi pare abbastanza ovvio considerare che, anche se è stato loro almeno di avvertire per qualche suggestiva insinuazione il suono e ,lo spessore reali della matrice verbale originaria, essi sono mossi soprattutto dal gioco delle strutture semantiche, dall'aspetto mimetico-significante della poesia (pp. XIX-XX)". A parte la nebbiosa pomposità del testo, alcuni termini ci paiono francamente arbitrari: come si può chiamare "traduzione" una " versione"? E come si può tradurre una lingua che non si conosce?

Completa e circostanziata e invece L'introduzione di  F.M. Corrao (pp XXV-XLIV),interessante soprattutto per i cenni, biografici e stilistici, riguardanti i vari autori arabi (la versione araba è riportata a fronte di quella italiana, gli autori in questione sono: "Abd Al-Aziz Al,Ballanubi; Abd Allah B.Sadus; Abu Alì Al-Husayn; Abul-Qasim; Abd Ar-Rahman, Alì Al-Ballanubi; At-Tamini, Ibn Bishri, Ibn Hamdis, Ibn Al-Kayyàt, Ibn Al-tubi, Magbar B. Magbar, Muhammad B. Qàsim B. Zayd e Muhammad Ibn Al-Qàttà). Dopo una breve ricostruzione dell'atmosfera delle corti arabe in Sicilia, la curatrice propone una storia della poesia nata in quell'ambiente e dei poeti che la fecero grande. L'introduzione è davvero ben fatta, e da sola riscatta i difetti dell'intero libro, si occupa ad esempio delle tematiche e strutture della poesia araba, rimaste quasi immutate sino al nostro secolo: "Il componimento poetico (qàsida) consiste in un preludio (nasìb), in cui il poeta introduce all'argomento del poema.

I temi più frequenti sono: il pianto amoroso, il viaggio, la descrizione del cammello, il vanto delle proprie gesta belliche, o il simposio. Dopo questi versi introduttivi , in cui il verseggiatore dà prova della sua abilità artistica, si giunge al vero e proprio motivo che ha suscitato il carme (encomio, polemica, gnòme, elegia, ecc.). Attraverso quei versi si trasmetteva la cultura dei beduini: i loro miti, i loro valori, i momenti di gloria e di dolore. [...] La parte più caratteristica di questa produzione, e sotto il suo influsso, di tutta la conseguente, è quella descrittiva. In essa sono sfoggiate le inesauribili risorse verbali della lingua araba, i virtuosismi tecnici e le acute facoltà di osservazione. Nel periodo immediatamente posteriore all'avvento del Profeta, i panegeristi ricalcarono lo schema tradizionale nel porre in versi le polemiche politiche e religiose delle prime contese civili. E' però opportuno precisare che gà l'epoca ommàyyade (661-750) è testimone di un importante momento nello sviluppo delle forme poetiche, nella libertà e nella varietà dei temi. Accanto al preziosismo linguistico e al ripercorrere pedissequo delle antiche vie della poesia pagana affiorano nuovi fermenti. [...] E' poesia cortigiana e beduina ad un tempo, equidistante dal puro arcaismo e dai più originali sviluppi della poesia erotica e bacchina successiva (pp. XXVI-XXVII)".

Alle pp. XXXIV-XXXV, F.M. Corrao spiega inoltre che: "L'idea di far tradurre a poeti italiani le poesie arabe di Sicilia, è nata come atto di omaggio verso autori che hanno contribuito, anche se indirettamente, all'evoluzione della nostra cultura. Naturalmente è impossibile trasferire nella nostra lingua il tessuto fonemico e ritmico della poesia araba. Tuttavia i risultati suggestivi ottenuti dagli autori italiani nelle loro versioni confermano che il procedimento ha un senso. [...] I testi raccolti sono stati proposti nelle traduzioni esistenti, così che a ciascuno fosse data l'opportunità di operare la scelta più congeniale. In un secondo momento è stata realizzata una traduzione interlineare affiancata dalla trascrizione in caratteri latini dell'originale arabo, e con esempi della scansione metrica e della lettura ". 

Per dare un'idea della piacevolezza della lettura (e non poteva essere altrimenti, dato che i poeti italiani sono A.Zanzotto, C.Viviani, P.Valduga, T.Scialoja, E.Sanguineti, G.Raboni, A.Porta, E.Pagliarani, G.Manganelli, A.Giuliani, G.Giudici, B.Frabotta, F. Fortini, M. Cucchi e I. Buttita) abbiamo scelto alcuni testi: 

 

Aiuta il liquore e ti dà gioia,

Cessa dunque di cavalcare

I giovani e forti cammelli.

Non versare più lacrime

Su un luogo di bivacco

Già ormai distrutto,

Svanite persino le macerie,

E vieni di buon mattino

Al vino

Sul quale già sono passati

Anni su anni

(Aiuta il liquore e ti dà gioia, versione di M. Cucchi dall'originale di Muhammad IBN Al-Qarrà).

 

Janchi mi divintaru li capiddi

e nun mi basta l'arma

di riririi e cantari -

cà quànnu i pila a stralùciunu janchi

fannu na notte nìura

Janchi mi diventaru..., versione di E.Isgrò dall'originale di Ibn Handìs, vv.1-5)

 

sembrano perfezioni, ma risplendono

soltanto agli occhi tuoi: valgono niente:

 

quanti nemici stanno in un nemico,

e in quanta quiete si nasconde il ladro!

 

quanti cavalli di armoniose forme

non arrivano, deboli, alla meta!

sembrano perfezioni...versione di E.Sanguineti dall'originale di Ibn Hamdìs, vv. 1-6)

 

Silvana Grippi

 

 

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento ( Giovedì 05 Ottobre 2023 09:17 )  

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