FAB
“Maps for Moon Lovers”
“How High the Moon” - Official HD
Preciso, puntuale, per niente gentile nei confronti del dolore e deciso anche nei tratti più dolci. Il nuovo disco di FAB si intitola “Maps for Moon Lovers” ed è un concentrato di emozioni lungo 8 inediti ovviamente cantati in inglesi secondo la tradizione del cantautore rock calabrese. Un disco di amore, dove quel nobile sentimento pontifica sulle scelte dell’uomo in ogni sua angolazione, in ogni suo verso, in ogni suo disperato bisogno di essere. Sono confini e sono consigli utili forse verso se stesso prima di tutto. Sono mappe disegnate a guardar l’amore e l’uomo da una Luna, tanto immaginaria quanto reale. Ed il Rock di Fab è dolce nonostante in alcuni tratti richieda dinamiche spinte. Il Rock di Fab si fa inglese e lo dimostra in ambienti liquidi che quasi richiama quel gusto U2 che tanto fa storia e cliché. I testi sono massicci, forse troppo, forse pesanti di estetica ma come biasimarlo nella coerenza di grandi significati. Come al solito fermiamo gli artisti per raccontarci le opere prima ancora di improvvisarci critici musicali.
Un nuovo disco per FAB. Col senno di poi quanto ti somiglia nel privato? Oppure abbiamo l’immagine di un artista che indossa la sua maschera?
Ogni disco che produco e pubblico mi rappresenta. Non si tratta di maschere o robe del genere, per me la musica è ne’ più ne’ meno un mezzo di comunicazione primario e imprescindibile. Non saprei dirlo in un altro modo, mettiamola così. Chiaro, dunque, che c’è sempre qualcosa di me nei brani di Fab. “Maps for moon lovers”, a differenza di “Bless”, racconta storie e da’ vita a otto personaggi del mondo moderno, un lavoro sicuramente meno autobiografico rispetto al primo disco ma che comunque svela il mio punto di vista sulle cose. Inutile negarlo. È una prospettiva, una chiave di lettura, una lente di ingrandimento posta su certe tematiche piuttosto che su altre. Non può non esserci una somiglianza tra tutto ciò e chi sono realmente. Una maschera la puoi indossare sul palco, puoi inventare e costruire un personaggio e dargli i colori che ti pare, ma scrivere canzoni ha a che fare con l’autenticità e la verità, credo. Non puoi barare o nasconderti perché verrà fuori solo ciò che sei realmente.
Amanti lunari… è corretta questa immagine pensando al titolo che hai scelto per questo disco?
Quando penso agli amanti della luna e suggerisco alcune rotte e’ palese che vi sia anche un grande elemento ironico. Il titolo del disco mi piace perché è allo stesso tempo serissimo e scanzonato, un po’ decadente ma allo stesso tempo solenne. E poi racchiude in se’ una certa universalità. Chiunque può sentirsi tale, “un amante della luna”. Tutti hanno bisogno di chiedere qualcosa al cielo e attendere risposte. Ognuno di noi segue dei percorsi, a volte accidentati, che sembrano portare fuori rotta, e trova puntualmente riparo nel chiarore della luna che, a mio avviso, protegge gli audaci, i folli e i sognatori.Â È un astro che condiziona le nostre vite, i nostri umori quotidiani, solleva le maree e da’ luce ai nostri sogni. Un faro nella notte, in ogni senso.
Perché l’inglese? Mai scritto in italiano?
Perché è la mia lingua, niente di più semplice. Il fatto che sia nato in Italia non credo abbia tutta questa importanza, specie di questi tempi. Ho sempre ascoltato e assorbito musica inglese, e con questo termine intendo non solo ciò che proviene dalla Gran Bretagna o dagli Stati Uniti ma anche da altri paesi Europei come la Norvegia, la Svezia e il Belgio. Ci sono molti musicisti che pur non essendo britannici di nascita scrivono musica in lingua inglese e sfornano produzioni di enorme spessore. Solo in Italia esiste questo vecchio, anacronistico assunto in base al quale se sei italiano devi cantare obbligatoriamente in italiano. Non la penso affatto così. Ho provato anni fa a scrivere in italiano ma non fa per me, decisamente. La musica è una forma di espressione molto intima, che pretende rispetto e non ammette forzature o adattamenti. Mai prendersi in giro quando si compone. La gente se ne accorgerebbe subito.
La canzone d’autore oggi. Ad un artista rock e internazionale come te chiedo: che idea hai della scena cantautorale di oggi?
A parte qualche eccezione, come Brunori o Le luci della centrale elettrica, non impazzisco per l’odierna scena italiana. La trovo un po’ ripetitiva e soprattutto i testi, in generale, non credo siano una roba esaltante. Quando all’estero, invece, ci sono personaggi assolutamente degni di nota, come Damian Rice, che non posso non citare perché lo adoro, da sempre, e la norvegese Sigrid, una ragazza che a mio avviso ha un enorme potenziale, e ancora Jake Bugg, giovanissimo ma con le idee chiare e dotato di un timbro particolarissimo. E infine non posso non ricordare David Gray, la cui voce, a mio avviso, rimane una delle migliori in circolazione.
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