Immigrazione: in Gran Bretagna via alla stretta sugli ingressi
Nel nostro percorso sulle pari opportunità ho voluto includere il tema dell’immigrazione, che, anche se non direttamente, riguarda questo campo per il problema del razzismo e della discriminazione delle minoranze in Italia.
Mi riferisco alla notizia della stretta sui sussidi di disoccupazione per i cittadini Ue annunciata dal premier britannicoDavid Cameronil 29 luglio e l’annuncio del vicepremierNick Clegg, sulla riduzione a 100mila dei nuovi ingressi annui nel Paese.
La campagna anti-immigrazione dei politici britannici, come anche di altri leader europei, si imbatte però nella resistenza di Bruxelles, che cerca di salvaguardare il principio cardine dell’Ue fissato nei trattati, quello della libera circolazione delle persone. Nel 2013 Bruxelles ha intentato una causa contro la Gran Bretagna presso la Corte di Giustizia europea per la discriminazione contro i cittadini di altri Paesi Ue tramite un test aggiuntivo per avere il diritto di ricevere i sussidi di Stato.
Un altro Paese che ha riscontrato l’opposizione di Bruxelles nel tentativo di chiudere le frontiere è la Svizzera. Non fa parte dell’Ue, ma è legata all’Europa da diversi accordi bilaterali, tra cui quello sulla libera circolazione delle persone. Accordo che gli svizzeri hanno cercato di rinegoziare attraverso il referendum del febbraio scorso, promosso dal partito di estrema destra Udc, che ha deciso di istituire un tetto all’immigrazione a partire dal 2017. Intanto anche inFranciaprende piede l’iniziativa svizzera di istituire le quote sui migranti.: Marine Le Pen, il leader del Front National, che ha trionfato alle elezioni europee raggiungendo il 24,8% dei consensi, aveva lanciato ancora a febbraio scorso una petizione per convocare in Francia un referendum sul modello svizzero.
La situazione italiana sull’immigrazione è evidentemente altrettanto complessa e a mio parere la legislazione attuale (legge Bossi-Fini del 2002) non tutela nella sua strutturazione i diritti civili degli immigrati, portando avanti un modello che procede verso un indirizzo di segregazione, invece che di integrazione e sostegno sociale.
Da rivedere, il complicatissimo iter burocratico a cui è costretto un richiedente d’asilo o una vittima di sfruttamento, il lungo internamento in centri di identificazione e espulsione e le procedure di rimpatrio di immigrati irregolari.
Come ha commentato lo studioso tedesco Andreas Zick : “La politica delle frontiere chiuse quindi non si basa sul tentativo di gestire l’immigrazione, ma è alimentata dai sentimenti di ostilità nei confronti di immigrati”.
Nora Mulè
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