“Quello della tratta è un fenomeno drammaticamente presente nella nostra società del benessere ma si tratta di una realtà che negli ultimi anni è molto cambiata, si tratta di un fenomeno sempre più multi target, multi luogo e multi problema”.
Queste sono le parole di Vincenzo Castelli, responsabile dell’associazione On the Road che si occupa di tratta di esseri umani e violenza di genere in Italia.
Se il primo gruppo etnico rimangono infatti le donne nigeriane, sempre di più sono le donne che arrivano dai paesi dell’Est. Le nuove rotte, oltre a quella ben consolidata del Mediterraneo, infatti, coinvolgono i Balcani e il Montenegro, ma c’è anche chi arriva dall’America Latina passando per la Spagna e il Portogallo.
“Il problema della tratta racchiude in sé sempre più problemi interconnessi: sono molte per esempio le donne costrette a prostituirsi dopo aver fatto richiesta di asilo politico– spiega Castelli -. In questo momento di emergenza sbarchi, infatti, è sempre più facile che le vittime cadano in mano alla criminalità, perché i controlli sono sempre meno e i centri per l’accoglienza sono super affollati. Non è raro quindi trovare per strada donne inserite nei progetti Sprar”.
L’altro aspetto allarmante è quello dei minori.“Sono raddoppiati – aggiunge il presidente di On the road –si tratta di ragazzi nigeriani e romeni, per lo più.
La loro percentuale è passata dal 7% al 13-15% del totale delle presenze in strada”. Anche in questo caso, molti arrivano a Lampedusa e da lì vengono poi portati sulle strade dai loro sfruttatori, soprattutto per scopi di sfruttamento sessuale.
Altro tema ancora poco affrontato è quello della tratta per lo sfruttamento lavorativo e l’accattonaggio. Infatti, sempre più persone, soprattutto dall’Africa, arrivano qui per lavorare e finiscono nelle reti del caporalato e dello sfruttamento. Un tema ancora poco affrontato a causa della mancanza di occasioni di impiego per gli immigrati, che fa si che questo problema sia in qualche modo “giustificato” dall’opinione pubblica, ma in realtà è una questione di cui il Ministero del Lavoro dovrebbe occuparsi, prima che diventi un’emergenza sociale.
Nora Mulè
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